Dopo numerosi travagli normativi, l'Ivie (Imposta sul Valore degli Immobili all'Estero) sembra aver trovato l'assetto definitivo, anche se, come vedremo nel presente intervento, rimangono alcune perplessità soprattutto di carattere operativo. La versione definitiva delle modifiche apportate dal D.L. n. 16/2012 (Legge n. 44/2012, pubblicata in G.U. del 28 aprile 2012), serba alcune sorprese per gli immobili situati in Paesi della Ue o aderenti allo Spazio Economico Europeo, per i quali, in deroga alla regola generale secondo cui il valore rilevante è il costo risultante dall'atto di acquisto o dai relativi contratti o, in mancanza, dal valore di mercato, la base imponibile è costituita dal valore catastale come determinato e rivalutato nel Paese in cui è situato l'immobile ai fini dell'assolvimento di imposte di natura patrimoniale o reddituale. Solamente laddove manchino tali parametri, si torna ad applicare la regola generale del costo di acquisto o del valore di mercato (applicabile in ogni caso per gli immobili situati fuori dai predetti Paesi).
Il motivo di tale impostazione è evidente: avvicinare il più possibile il criterio di tassazione degli immobili situati nella Ue o nello SEE a quello previsto per l'IMU, così da evitare possibili censure in ambito comunitario (eliminazione delle discriminazioni già segnalate dalla Corte di Giustizia Ue). Tuttavia, se l'obiettivo è chiaro, come detto, non altrettanto agevole sarà il compito del contribuente (e del suo professionista), per raccogliere i dati necessari per un corretto conteggio dell'imposta, da assolversi, ricordiamo, già nel modello Unico 2012 (righi RM33 e RM34), con versamento dell'imposta entro il prossimo 18 giugno (o 16 luglio con la maggiorazione dello 0,4%). A tale proposito, infatti, il contribuente deve seguire una rigida "scaletta" per gli immobili situati in ambito Ue o dello SEE:
- in primis, è necessario individuare l'esistenza di un valore catastale dell'immobile nel Paese in cui lo stesso è ubicato (non tutti i Paesi, infatti, hanno un sistema catastale similare al nostro), utilizzabile ai fini dell'assolvimento di imposte patrimoniali o reddituali (ad esempio, la taxe foncière in Francia). In presenza di tale parametro, si rende possibile l'applicazione dell'Ivie (0,76%) su tale valore, evidenziando a tale proposito che sarà necessaria una verifica della correttezza dell'eventuale documentazione trasmessa dal Paese in cui è ubicato l'immobile, e ciò non sarà sempre del tutto agevole;
- in secondo luogo, laddove non sia possibile fare riferimento al valore catastale dell'immobile, il contribuente deve applicare la regola generale del costo di acquisto, ovvero del valore di mercato.
A proposito di tale ultima regola, restano immutate le perplessità già manifestate in altre occasioni, ossia il significato da attribuire al costo di acquisto, soprattutto con riferimento a quelle fattispecie in cui tale parametro non deriva direttamente dall'atto di acquisto del soggetto interessato, in quanto il bene è stato acquisito per successione o donazione. In tali casi, deve essere chiarito se sia possibile riferirsi al costo di acquisto del dante causa (de cuius o donante), ovvero al valore di mercato del bene, atteso che la norma non precisa che il costo di acquisto debba essere necessariamente quello sostenuto dal soggetto passivo d'imposta. Si ritiene, a parere di chi scrive, che il legislatore abbia voluto riferirsi al costo di acquisto "oggettivo" (e quindi non necessariamente sostenuto dal soggetto passivo d'imposta), e solo in assenza di qualsivoglia riferimento in tal senso, si rende applicabile il valore di mercato dell'immobile. In caso contrario, infatti, si verrebbero a creare discriminazioni tra coloro che hanno acquisito direttamente l'immobile e coloro che lo hanno ricevuto a titolo derivativo (successione o donazione).
- in primis, è necessario individuare l'esistenza di un valore catastale dell'immobile nel Paese in cui lo stesso è ubicato (non tutti i Paesi, infatti, hanno un sistema catastale similare al nostro), utilizzabile ai fini dell'assolvimento di imposte patrimoniali o reddituali (ad esempio, la taxe foncière in Francia). In presenza di tale parametro, si rende possibile l'applicazione dell'Ivie (0,76%) su tale valore, evidenziando a tale proposito che sarà necessaria una verifica della correttezza dell'eventuale documentazione trasmessa dal Paese in cui è ubicato l'immobile, e ciò non sarà sempre del tutto agevole;
- in secondo luogo, laddove non sia possibile fare riferimento al valore catastale dell'immobile, il contribuente deve applicare la regola generale del costo di acquisto, ovvero del valore di mercato.
A proposito di tale ultima regola, restano immutate le perplessità già manifestate in altre occasioni, ossia il significato da attribuire al costo di acquisto, soprattutto con riferimento a quelle fattispecie in cui tale parametro non deriva direttamente dall'atto di acquisto del soggetto interessato, in quanto il bene è stato acquisito per successione o donazione. In tali casi, deve essere chiarito se sia possibile riferirsi al costo di acquisto del dante causa (de cuius o donante), ovvero al valore di mercato del bene, atteso che la norma non precisa che il costo di acquisto debba essere necessariamente quello sostenuto dal soggetto passivo d'imposta. Si ritiene, a parere di chi scrive, che il legislatore abbia voluto riferirsi al costo di acquisto "oggettivo" (e quindi non necessariamente sostenuto dal soggetto passivo d'imposta), e solo in assenza di qualsivoglia riferimento in tal senso, si rende applicabile il valore di mercato dell'immobile. In caso contrario, infatti, si verrebbero a creare discriminazioni tra coloro che hanno acquisito direttamente l'immobile e coloro che lo hanno ricevuto a titolo derivativo (successione o donazione).