domenica 22 aprile 2012

Crediti Iva: è necessario alzare il limite alla compensazione

Nella stampa specializzata di questi giorni è frequente imbattersi in articoli che evidenziano i cronici ritardi dello Stato nell'esecuzione dei rimborsi dei crediti Iva vantati dalle imprese. Le difficoltà sono diffuse in tutta Italia, anche se nelle regioni del Nord il problema è più sentito, e ciò in funzione del maggior respiro internazionale delle imprese. Le fattispecie di credito Iva maggiormente diffuse, almeno stando alle notizie apparse sui quotidiani sono due: presenza di operazioni con l'estero (non imponibili Iva), ovvero applicazione di aliquote inferiori nelle operazioni di vendita rispetto agli acquisti (fattispecie particolarmente diffusa nel settore alimentare). In entrambi i casi, le aziende lamentano un forte ritardo nel rimborso del credito, sia annuale (derivante dalla relativa dichiarazione Iva), sia infrannuale (trimestrale), i cui tempi di pagamento vanno ben oltre l'anno rispetto alla richiesta.
Le cause del ritardo sono senz'altro di natura finanziaria, anche se la procedura per poter ottenere l'autoirzzazione all'erogazione del rimborso è alquanto tortuosa e piena di insidie. E' prassi degli Uffici finanziari, infatti, chiedere molti dettagli relativamente alla situazione del contribuente prima di poter autorizzare il rimborso stesso, ciò al fine di verificare che non vi siano richieste da parte di imprese che in realtà il credito non lo hanno mai maturato (le frodi in tal senso non sono mancate), e tali richieste allungano sensibilmente i tempi di rimborso. E' altrettanto vero che l'Amministrazione finanziaria è garantita nell'erogazione del rimborso, in quanto è necessario non dimenticare che le disposizioni normative prevedono l'obbligo di rilascio di una fideiussione (bancaria o assicurativa), a copertura dell'intero credito e degli interessi, per una durata pari al periodo di accertamento (di fatto cinque anni più o meno).
Le aziende che si trovano in questa situazione, al fine di poter far fronte alle proprie obbligazioni, ed in attesa di incassare il credito Iva, devono reperire risorse finanziarie, ed anche questa ricerca diventa spesso difficile, in quanto gli istituti di credito in questo periodo non sono certamente propensi ad elargire prestiti. Ci si trova quindi "tra incudine e martello", ragion per cui ci vorrebbe un intervento legislativo che consenta alle imprese di compensare il credito Iva con i debiti tributari dovuti allo Stato, anche per importi eccedenti l'attuale soglia massima prevista dalla legge, pari ad euro 515.456 euro per ciascun anno solare. Sul punto, vi era stata una "promessa" legislativa qualche tempo addietro, e purtroppo rimasta tale, con cui si intendeva innalzare il predetto tetto ad euro 700.000 annui, importo non ancora sufficiente, ma che costituirebbe comunque un piccolo aiuto. La questione sta diventando critica, le imprese già soffrono i mercati difficili, devono comunque far fronte ai debiti (anche tributari, pena l'applicazione di sanzioni molto severe), ragion per cui è necessario arrivare in tempi rapidi ad una soluzione normativa che consenta alle imprese di "sbloccare" i crediti. Se lo Stato non riesce a far fronte a questi impegni, almeno autorizzi le imprese a compensare il credito Iva con i debiti tributari per importi eccedenti la soglia attualmente in essere, magari facendosi garantire con una fideiussione (già prevista per il rimborso, come detto), al fine di evitare che qualche "furbetto" possa approfittare della situazione, altrimenti nel prossimo futuro vedremo molte aziende chiudere i battenti, con tutte le conseguenze che ne derivano.
Sandro Cerato

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