Con le manovre del 2011 (D.L. n. 98/2011), e con l'ultimo decreto semplificazioni (D.L. n. 16/2012), il legislatore è intervenuto più volte in materia di studi di settore. Come noto, tale strumento di accertamento di maggiori ricavi è stato derubricato nella categoria delle presunzioni semplici (e, come tali, non sufficienti ad invertire l'onere della prova in capo al contribuente), a seguito delle famose sentenza del dicembre 2009 da parte della Cassazione a Sezioni Unite. A seguito di tale posizione della giurisprudenza di legittimità, il legislatore ha modificato il quadro normativo, inserendo, dapprima con il D.L. 6.7.2011, n. 98, e successivamente con le modifiche apportate dal recente D.L. 2.3.2012, n. 16, una nuova fattispecie di accertamento induttivo, e più precisamente l'art. 39, co. 2, lett. d-ter), del DPR 600/73, secondo cui, nella versione in vigore dal 2 marzo scorso, tale tipologia di accertamento è esperibile "in caso di omessa presentazione dei modelli per la comunicazione dei dati rilevanti ai fini dell'applicazione degli studi di settore o di indicazione di cause di esclusione o di inapplicabilita' degli studi di settore non sussistenti, nonche' di infedele compilazione dei predetti modelli che comporti una differenza superiore al quindici per cento, o comunque ad euro cinquantamila, tra i ricavi o compensi stimati applicando gli studi di settore sulla base dei dati corretti e quelli stimati sulla base dei dati indicati in dichiarazione".
In buona sostanza, con l’entrata in vigore del D.L. n. 16/2012, l'accertamento induttivo è esperibile sia nell'ipotesi di omessa presentazione del modello dei dati rilevanti per l'applicazione degli studi di settore, sia nella fattispecie di invio del predetto modello, ma con dati infedeli. Mentre nella prima fattispecie (omessa comunicazione del modello), l'accertamento induttivo può scattare in ogni caso, nella seconda ipotesi (infedele comunicazione dei dati), tale tipologia di accertamento può essere applicata solamente laddove si riscontri una differenza tra i ricavi accertati con gli studi di settore (fedeli) e quelli dichiarati (infedelmente) dal contribuente superiore al 15% o, alternativamente, superiore ad euro 50.000.
Sul punto, è bene segnalare innanzitutto che l'Agenzia delle Entrate, nella C.M. n. 8/E/2012, ha ritenuto che tali novità siano di carattere procedimentale e, come tali, applicabili a tutti gli accertamenti notificati a partire dal 2 marzo 2012 (data di entrata in vigore del D.L. n. 16/2012), pur se riferiti ad annualità precedenti (anche se lo stesso documento di prassi raccomanda agli Uffici di limitarsi alle annualità dal 2010 e successive).
Resta invece da chiarire quale sarà in concreto il comportamento seguito dagli Uffici, nel senso che si dovrà valutare se sia sufficiente, per confezionare un accertamento induttivo (per sua natura basato su presunzioni semplici), il mero scostamento rispetto a Gerico, ovvero se sarà necessario corroborare l'attività accertativa con altri elementi presuntivi. La questione non è di poco conto, in quanto se da un lato la volontà del legislatore sembrerebbe quella di ampliare l'utilizzo degli studi di settore, "sdoganandoli" sotto forma di accertamento induttivo, dall'altro non ci si può dimenticare della posizione chiara e precisa della Corte di Cassazione, secondo cui, come detto, Gerico costituisce una mera presunzione semplice. Ora, la "trasformazione" degli studi di settore (infedeli) in presunzione semplice non dovrebbe significare, tout court, che gli Uffici potranno notificare ai contribuenti accertamenti induttivi basati esclusivamente sulle risultanze di Gerico, ma si ritiene comunque necessaria un'attività investigativa più completa, al fine dunque di fornire elementi probatori che possano in effetti provare una diversa capacità contributiva del contribuente, che i soli studi di settore, ricorda la Cassazione, non sono in grado di intercettare.
Sandro Cerato
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