di
Michele BANA
Le principali novità introdotte,
ai fini dell’imposta del valore aggiunto, dall’art. 1 del D.L. n. 216/2012 –
applicabile alle operazioni che saranno effettuate dal prossimo 1° gennaio 2013
– riguardano le modalità ed i termini di fatturazione delle cessioni di beni e
prestazioni di servizi. In particolare, il co. 2, lett. d) della disposizione
ha sostituito integralmente i co. 1-6 dell’art. 21 del D.P.R. n.
633/1972, stabilendo, in primo luogo, che per fattura elettronica s’intende quella emessa e ricevuta in
qualunque formato elettronico, il cui valido ricorso è subordinato all’accettazione da parte del destinatario.
È stato, inoltre, precisato che la fattura, cartacea od elettronica, si
considera emessa – oltre che nei casi di consegna, spedizione o trasmissione –
all’atto della messa a disposizione del
cessionario o committente.
È
stato altresì esteso il contenuto minimo
della fattura, inserendo l’obbligo di fornire alcune ulteriori informazioni
(art. 21, co. 2, del D.P.R. n. 633/1972), tra le quali il numero di partita Iva
del cessionario o committente, ovvero – in caso di soggetto passivo stabilito
in un altro Stato membro dell’Unione Europea – il numero di identificazione Iva
attribuito nel Paese di stabilimento: qualora il cessionario o committente, residente
o domiciliato nel territorio dello Stato, non agisca nell’esercizio di impresa, arte o professione, deve
essere indicato il codice fiscale
dello stesso. È, inoltre, prevista l’indicazione dei corrispettivi, e non più
del valore normale, degli altri beni – diversi da quelli di cui all’art. 15,
co. 1, n. 2), del D.P.R. n. 633/1972 – ceduti a titolo di sconto, premio od
abbuono.
La
riformulazione del co. 3 dell’art. 21 del D.P.R. n. 633/1972 riguarda, invece,
la fattura elettronica: il soggetto
passivo assicura, sino al termine del proprio periodo di conservazione, la leggibilità della fattura, nonché l’autenticità dell’origine e l’integrità del contenuto, mediante sistemi di controllo di gestione che assicurino
un collegamento affidabile tra la
fattura e la cessione dei beni o la prestazione dei servizi ad essa riferibile,
oppure tramite l’apposizione della firma
elettronica qualificata o digitale dell’emittente, o attraverso sistemi EDI
di trasmissione elettronica dei dati o altre tecnologie in grado di garantire
l’autenticità dell’origine e l’integrità dei dati. È stato, inoltre, stabilito,
mediante la riformulazione dell’art. 39 del D.P.R. n. 633/1972, che le fatture
elettroniche devono essere conservate in modalità elettronica, in conformità
alle disposizioni del Decreto Ministeriale emanato ai sensi dell’art. 21, co.
5, del D.Lgs. n. 82/2005: possono essere
conservate elettronicamente le fatture
create in formato cartaceo ed elettronico, comprese quelle generate in
formato elettronico, ma che non possono definirsi fatture elettroniche a causa
della mancata accettazione da parte del destinatario.
Il
successivo co. 4 dell’art. 21 del D.P.R. n. 633/1972 è stato rivisto nel senso
di prevedere alcune deroghe al principio di emissione della fattura al momento
dell’effettuazione dell’operazione, come nel caso delle cessioni di beni effettuate dal cessionario nei confronti di un
soggetto terzo, per il tramite del proprio cedente: la fattura
è emessa entro il mese successivo a quello della consegna o spedizione dei beni.
È, invece, stabilito il termine del giorno 15 del mese successivo a quello di
effettuazione dell’operazione per le prestazioni
di servizi rese a soggetti passivi stabiliti in un altro Stato comunitario,
non soggette all’imposta ai sensi dell’art. 7-ter del D.P.R. n. 633/1972, e per
quelle di cui al precedente art. 6, co. 6, primo periodo, rese a o ricevute da
un soggetto passivo stabilito al di fuori dell’Unione Europea.
La nuova
formulazione del co. 6 dell’art. 21 del D.P.R. n. 633/1972 prevede
l’obbligatoria esposizione in fattura dell’annotazione del regime fiscale
applicabile alla fattispecie che ne forma oggetto:
· operazione non soggetta, per
le cessioni relative a beni in transito o depositati in luoghi sottoposti a
vigilanza doganale, escluse dall’applicazione dell’Iva, a norma dell’art.
7-bis, co. 1, del D.P.R. n. 633/1972;
· operazione non imponibile, per
le esportazioni e fattispecie assimilate, servizi internazionali o connessi
agli scambi internazionali, cessioni a soggetti residenti o domiciliati al di
fuori del territorio comunitario (artt. 8, 8-bis, 9 e 38-quater, del Decreto
Iva);
· operazione esente, con
riferimento alle fattispecie di cui all’art. 10 del D.P.R. n. 633/1972, ad
eccezione di quelle indicate al n. 6) della medesima disposizione;
· regime del margine – beni usati, regime
del margine – oggetti d’arte, regime del margine – oggetti di antiquariato o
collezione, a seconda dei casi di cui al D.L. n. 41/1995;
· regime del margine – agenzie di viaggio, per
le operazioni soggette alla disciplina di cui all’art. 74-ter del D.P.R. n.
633/1972.
L’art. 21 del Decreto Iva è stato, inoltre,
integrato con il co. 6-bis, che pone
a carico dei soggetti passivi stabiliti nel territorio dello Stato l’obbligo di emissione della fattura anche
in relazione alle seguenti operazioni
non rilevanti in Italia, ovvero non soggette ad Iva ai sensi degli artt. da
7 a 7-sepites:
a) cessioni
di beni e prestazioni di servizi – diverse da quelle finanziarie esenti di cui
all’art. 10, nn. 1)-4) e 9), del D.P.R. n. 633/1972 – effettuate nei confronti
di un soggetto passivo debitore dell’importa in un altro Stato comunitario. Al
ricorrere di tale ipotesi, nella fattura – in luogo dell’ammontare dell’Iva –
deve essere apposta la dicitura “inversione
contabile”, con l’eventuale specificazione della disposizione di
riferimento;
b) cessioni
di beni e prestazioni di servizi che si considerano effettuate al di fuori
dell’Unione Europea. In tale caso, nel documento fiscale deve essere indicata
l’annotazione “operazione non soggetta”,
e l’eventuale fonte normativa.
È
stato, infine, aggiunto il co. 6-ter dell’art. 21 del D.P.R. n. 633/1972, per
effetto del quale le fatture emesse dal cessionario o committente, in virtù di
un obbligo proprio, devono riportare l’annotazione “autofatturazione”.
Nell’ambito delle novità Iva
introdotte dall’art. 1 del D.L. n. 216/2012, ve n’è anche una riguardante
l’emissione della fattura semplificata. È stato, infatti, inserito l’art.
21-bis del D.P.R. n. 633/1972, secondo cui è possibile avvalersi di tale
agevolazione per la fattura di ammontare
complessivo non superiore ad euro 100, oppure per la nota di variazione di cui al successivo
art. 26. È, tuttavia, attribuito al Ministro dell’economia e delle finanze – a
norma del co. 3 della nuova disposizione – il potere di ampliare l’ambito di operatività della facoltà di emissione della
fattura semplificata, secondo due modalità distinte: l’aumento del limite
massimo del corrispettivo complessivo, da euro 100 ad euro 400; l’esclusione di
qualsiasi soglia, per le operazioni effettuate nell’ambito di specifici settori
di attività, o da peculiari tipologie di soggetti, per i quali le pratiche
commerciali od amministrative o le condizioni tecniche di emissione delle
fatture rendono particolarmente difficoltoso il rispetto degli obblighi di cui
agli artt. 13, co. 4, e 21, co. 2, del D.P.R. n. 633/1972.
Al ricorrere delle predette condizioni, è dunque
possibile emettere la fattura in forma semplificata, riportando – in
sostituzione dei dati identificativi del cessionario o committente stabilito in
Italia – esclusivamente il codice fiscale o il numero di partita Iva dello
stesso: qualora costui sia, invece, stabilito in un altro Stato comunitario, si
può esporre il numero di identificazione Iva attribuito da tale Paese estero. È
altresì previsto che nella fattura semplificata non è necessario indicare la base imponibile Iva, essendo
sufficiente l’esposizione del corrispettivo complessivo e dell’imposta
incorporata, ovvero dei dati che permettono di calcolarla: in altri termini, è
possibile indicare soltanto il prezzo totale (Iva inclusa) e l’aliquota
d’imposta applicata.
In ogni caso, l’emissione
della fattura semplificata non è ammessa con riferimento alle cessioni intracomunitarie (art. 41 del
D.L. n. 331/1993), né alle vendite di beni e prestazioni di servizi – diverse
da quelle finanziarie esenti di cui all’art. 10, nn. 1)-4) e 9), del D.P.R. n.
633/1972 – effettuate nei confronti di un soggetto passivo debitore dell’imposta
in un altro Stato comunitario (art. 21, co. 6-bis, lett. a), del D.P.R. n.
633/1972).