La disciplina civilistica delle società a
responsabilità limitata non contiene una specifica disposizione in
materia di durata in carica, rieleggibilità, cessazione e
sostituzione degli amministratori: è, pertanto, necessario fare affidamento
alle eventuali disposizioni dell’atto costitutivo, ovvero all'applicazione
analogica di altre norme codicistiche. Non essendo stata prevista alcuna
limitazione legale, a differenza delle s.p.a., l’atto costitutivo della
s.r.l. può adottare soluzioni differenti:
- determinare una durata massima, anche superando il limite di 3 anni imposto alle s.p.a. (Cass. n. 9482/1999);
- non stabilire una durata, oppure fissarla a tempo indeterminato (Cass. n. 3312/2000). Al ricorrere di quest’ultima ipotesi, l’incarico dell’amministratore potrà interrompersi esclusivamente nei casi di dimissioni, revoca, morte oppure decorso del termine di durata della società.
Nel caso in cui si verifichi un motivo (revoca,
dimissioni, decadenza o morte) di cessazione dall’incarico di un singolo
amministratore, può determinarsi la decadenza dell’intero consiglio di
amministrazione, qualora nell’atto costitutivo sia stata inserita la clasuola
“simul stabunt simul cadent”: tale disposizione può, tuttavia, essere prevista in
forme più attenuate, come nel caso in cui la decadenza dell’organo di gestione
richieda la cessazione della propria maggioranza (Cass. n. 2197/1990, e
8551/1987) oppure di una minoranza qualificata (Trib. Milano 6 aprile
1995, e 22 dicembre 1989).
Nelle s.r.l., la previsione di tale disposizione
statutaria comporta, inoltre, l’applicabilità delle norme dettate al riguardo
per le società per azioni, anche nel caso in cui la forma di amministrazione
prescelta sia quella dell’amministrazione congiuntiva o disgiuntiva.
Conseguentemente, il verificarsi dell’evento della cessazione, costituente
causa di decadenza dell’intero organo, comporta effetti differenti, a
seconda che sussistano o meno due presupposti:
- la presenza del collegio sindacale;
- la previsione di una disposizione statutaria di applicabilità dell’art. 2386, co. 5, c.c., secondo cui “se vengono a cessare l’amministratore unico o tutti gli amministratori, l’assemblea per la nomina dell’amministratore o dell’intero consiglio deve essere convocata d’urgenza dal collegio sindacale, il quale può compiere nel frattempo gli atti di ordinaria amministrazione”.
In presenza dei predetti presupposti, la
cessazione di tutti gli amministratori è immediatamente efficace, in
mancanza:
- gli amministratori non rinuncianti rimangono in carica, fino alla ricostituzione dell’organo di gestione;
- gli amministratori rinuncianti cessano immediatamente, qualora rimanga in carica la maggioranza dell’organo di gestione. Le cessazioni successive sono, invece, efficaci dal momento in cui l’organo amministrativo è ricostituito;
- gli amministratori rimasti in carica hanno l’obbligo di convocare l’assemblea per la nomina del nuovo organo di gestione.
La cessazione degli amministratori, a prescindere
dalla relativa causa, deve essere comunicata al Registro delle imprese,
a norma dell’art. 2385, co. 3, c.c., applicabile, in via analogica, anche alle
società a responsabilità limitata: in mancanza, provvede d’ufficio la Camera di
Commercio.
Salvo che sia espressamente previsto
da una disposizione statutaria, sussistono dubbi in merito
all’applicazione analogica dell’art. 2386 c.c., in virtù del quale – se nel
corso dell’esercizio vengono a mancare uno o più amministratori – gli altri
provvedono a sostituirli con deliberazione approvata dal collegio sindacale,
purchè la maggioranza sia sempre costituita da amministratori nominati
dall’assemblea (c.d. cooptazione). Gli amministratori così
nominati rimangono in carica fino alla prossima assemblea. Diversamente,
qualora venga, invece, meno la maggioranza degli amministratori, quelli rimasti
in carica devono convocare l’assemblea per la sostituzione dei mancanti: i
nuovi amministratori scadono con quelli rimasti in carica.
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