di
Michele BANA
L’art. 1 del D.L. n. 216/2012 (“Disposizioni urgenti volte a evitare
l’applicazione di sanzioni dell’Unione Europea”), ha introdotto diverse novità
normative riguardanti l’Iva, al fine di recepire il sistema comune
dell’imposta, così come prospettato dalla Direttiva 2010/45/UE. Il legislatore
ha, infatti, modificato – con effetto nei confronti delle operazioni che
saranno effettuate dal 1° gennaio 2013 – il D.P.R. n. 633/1972 ed il D.L. n.
331/1993, con particolare riferimento alla disciplina della base imponibile,
dei soggetti passivi e del volume d’affari – come meglio illustrato nel
prosieguo – nonché della fatturazione e registrazione delle operazioni, che
costituiranno oggetto di un successivo commento.
In primo luogo, l’art. 1, co. 2, lett. a), del D.L. n.
216/2012 ha riscritto l’art. 13, co. 4, del D.P.R. n. 633/1972 – cui ora
rinvia, per le operazioni intracomunitarie, l’art. 43 del D.L. n. 331/1993 – in
virtù del quale, ai fini della determinazione della base imponibile, i
corrispettivi dovuti, le spese e gli oneri sostenuti in valuta estera sono computati secondo il cambio del giorno di effettuazione dell’operazione o – nel
caso di omessa indicazione nella fattura – del giorno di emissione della
stessa. In mancanza, la quantificazione è eseguita sulla base della quotazione
del giorno antecedente più prossimo. È, inoltre, stabilito che la conversione
in euro, per tutte le operazioni effettuate nell’anno solare, può essere fatta
in virtù del tasso di cambio pubblicato dalla Banca Centrale Europea: non è,
pertanto, necessaria una specifica comunicazione all’Amministrazione
Finanziaria.
Il Decreto “Salva infrazioni” ha,
inoltre modificato la disciplina riguardante i soggetti passivi dell’Iva: nel
co. 2 dell’art. 17 del D.P.R. n. 633/1972, è stato confermato il
principio generale, secondo cui gli obblighi relativi alle cessioni di beni e
prestazioni di servizi effettuate nel territorio dello Stato da soggetti non
residenti, nei confronti di soggetti passivi ivi stabiliti, sono assolti dai
cessionari o committenti. La novità è rappresentata dalla previsione che, nel
caso di cessioni di beni e
prestazioni di servizi effettuate da un
soggetto passivo stabilito in un altro Stato membro dell’Unione Europea, il
cessionario o committente adempie gli obblighi di fatturazione e registrazione
di cui agli artt. 46 e 47 del D.L. n. 331/1993. Al successivo co. 5 del citato
art. 17 del Decreto Iva, è stato altresì inserito l’obbligo di esposizione, nella fattura emessa dal cedente senza
addebito dell’imposta, dell’annotazione
“inversione contabile”, derubricando ad eventuale l’indicazione del
riferimento normativo.
L’art.
1, co. 2, del D.L. n. 216/2012 ha, poi, rivisto il novero delle esclusioni dalla formazione del volume
d’affari di cui all’art. 20, co. 1, primo periodo, del D.P.R. n. 633/1972: è
stato ribadito l’esonero per i passaggi di beni tra attività separate (art. 36,
co. 5, del Decreto Iva) e delle cessioni
di beni ammortizzabili. Con riferimento a quest’ultimo aspetto, è stato,
tuttavia, aggiunto che devono intendersi esclusi anche i trasferimenti relativi
alle voci B.I.3) e B.I.4) dello stato
patrimoniale attivo di cui
all’art. 2424 c.c. (diritti di brevetto industriale e diritti di
utilizzazione delle opere dell'ingegno, concessioni, licenze, marchi e diritti
simili), in luogo della previgente formulazione che citava, invece, l’art.
2425, n. 3), del codice civile. È stata, invece, abrogata l’irrilevanza – introdotta
dall’art. 1, co. 1, del D.Lgs. n. 18/2010 – delle prestazioni di servizi rese a
soggetti stabiliti in un altro Stato membro della Comunità, non soggette
all’imposta ai sensi dell’art. 7-ter del D.P.R. n. 633/1972. Tali operazioni non rilevano, però, ai fini
dell’acquisizione dello status di
esportatore abituale, in virtù della modifica apportata dal Decreto “Salva
infrazioni” all’art. 1, co. 1, lett. a), del D.L. n. 746/1983. In altri
termini, si tratta di una norma di favore per il prestatore, in quanto, in
mancanza, l’inclusione nel volume d’affari di tali prestazioni avrebbe reso
maggiormente difficoltoso il superamento della quota del 10% – rispetto al
fatturato – delle operazioni con l’estero (cessioni intracomunitarie,
esportazioni, ecc.) che attribuisce la qualifica di esportatore abituale, con
la conseguente facoltà di acquistare senza l’applicazione dell’Iva.
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