lunedì 17 dicembre 2012

Agevolazione prima casa: aspetti generali

di Sandro CERATO

L’introduzione nel nostro ordinamento di un’agevolazione collegata all’acquisto della “prima casa” risale al 1982, e precisamente con la Legge 22.4.1982, n. 168, successivamente prorogata, innovata e sostituita da altri provvedimenti normativi.
Tecnicamente, i requisiti oggettivi e soggettivi per la fruizione di tale agevolazione sono contenuti nella nota II-bis, dell’art. 1, Tariffa, parte I, allegata al DPR 131/86. In aggiunta, nel corso degli anni la prassi e la giurisprudenza che è intervenuta in materia è stata copiosa e non sempre coerente, talchè a tutt’oggi la materia è oggetto di discussione, sia da parte della dottrina, sia da parte della giurisprudenza stessa.
Le agevolazioni fiscali per l’acquisto della prima casa sono, come detto, disciplinate dalla nota II-bis dell’art. 1 della tariffa, parte I, allegata al DPR n. 131/86, e consistono nell’applicazione:
·    dell’IVA con aliquota pari al 4% ovvero dell’imposta di registro con aliquota pari al 3% (la riduzione dell’imposta di registro dal 4% al 3% si applica a decorrere dai trasferimenti effettuati a partire dal 1° gennaio 2000, per effetto di quanto stabilito dall’art. 7, co. 6, Legge 23.12.1999, n. 488);
·  delle imposte ipotecaria e catastale in misura fissa (pari ad euro 168,00 per ciascuna imposta), in virtù dell’art. 10 co. 6 del D.L. 20.6.96 n. 323.
Per la fruizione dei suddetti benefici, è opportuno ricordare quanto è stato stabilito dalla Cassazione (sentenza 21.4.2009, n. 9383), secondo cui per poter beneficiare dell’aliquota Iva ridotta del 4%, l’immobile deve essere in regola con la normativa edilizia al momento della richiesta del beneficio, a nulla rilevando la successiva sanatoria edilizia. Pertanto, sostiene la Suprema Corte, non è possibile sospendere l’applicazione dell’aliquota agevolata finchè non venga sanata l’irregolarità edilizia riscontrata, poiché, per effetto del combinato disposto degli artt. 46 della Legge n. 47/1985, e 41-ter della Legge n. 1150/1942, “è il riconoscimento del beneficio fiscale dell’aliquota Iva agevolata, e non già il diritto dell’Ufficio a disconoscere tale beneficio per insussistenza dei presupposti richiesti dalle legge (….), a essere subordinato e/o condizionato all’effettivo rilascio di un provvedimento di sanatoria delle difformità edilizie ostative riscontrate”.
Come detto, l’agevolazione per l’acquisto della “prima casa” è necessariamente collegata alla presenza di un immobile abitativo, nonché alle relative pertinenze (pur con alcuni limiti, in quanto è possibile estendere l’agevolazione ad un massimo di tre pertinenze, purchè classificate in categoria C/2, C/6 e C/7).
Secondo quanto previsto nella C.M. 17.4.1981, n. 14, per casa di abitazione deve intendersi “ogni costruzione destinata a dimora delle persone e delle loro famiglie, cioè strutturalmente idonea ad essere utilizzata ad alloggio stabile di singole persone o di nuclei familiari, a nulla rilevando la circostanza che la stessa sia abitata in via permanente o saltuaria”.
L’individuazione pratica degli immobili ad uso abitativo è alquanto agevole, in quanto, come precisato da ultimo nella C.M. 4.8.2006, n. 27/E, in tale categoria rientrano i fabbricati classificati o classificabili nella categoria “A”, con esclusione di quelli classificati nella categoria “A/10”.
E’ importante ricordare che, ai fini Iva, a differenza di quanto previsto per le imposte sui redditi, non rileva l’utilizzo effettivo dell’immobile, in quanto ciò che rileva è la classificazione catastale dello stesso. Pertanto, ad esempio, se un immobile di categoria “A/3” è utilizzato effettivamente per lo svolgimento di un’attività d’impresa (sede legale o amministrativa di una società), ovvero di carattere professionale (studio), ai fini Iva tale immobile è comunque di tipo abitativo. Tale aspetto riveste una certa importanza, soprattutto per quanto riguarda il trattamento Iva della cessione di tale immobile.
La categoria di immobili cui il legislatore ha riservato l’applicazione dei benefici “prima casa” è costituita dalle case di abitazione “non di lusso”, per la cui definizione è necessario rifarsi al contenuto del D.M. 2.8.1969. Tale decreto è strutturato come segue:
·   gli artt. da 1 a 7 contengono delle caratteristiche, verificate le quali l’abitazione si considera “di lusso”, con conseguente esclusione dall’applicazione dei benefici fiscali;
·    l’art. 8, di natura residuale, prevede che l’immobile abitativo si considera “di lusso” qualora siano verificate oltre quattro caratteristiche di cui alla tabella allegata al decreto.
In buona sostanza, mentre per i primi sette articoli, è sufficiente la verifica del contenuto dello stesso articolo per verificare la natura dell’abitazione, l’ultima disposizione richiede una verifica più complessa, in quanto devono sussistere almeno cinque caratteristiche illustrate nella tabella allagata affinchè l’abitazione possa essere considerata “di lusso”.
Relativamente alle modalità di verifica delle condizioni previste dal D.M. 2.8.1969, la C.M. 12.8.2005, n. 38/E, ha precisato che si possono rilevare sia dal contenuto dell’atto (la descrizione dell’immobile, ad esempio), sia dalla documentazione allegata all’atto stesso (certificazione catastale, concessione edilizia, ecc.).

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