L’introduzione nel nostro ordinamento di un’agevolazione collegata all’acquisto della “prima casa” risale al 1982, e precisamente con la Legge 22.4.1982, n. 168, successivamente prorogata, innovata e sostituita da altri provvedimenti normativi.
Tecnicamente, i requisiti oggettivi e soggettivi per la
fruizione di tale agevolazione sono contenuti nella nota II-bis, dell’art.
1, Tariffa, parte I, allegata al DPR 131/86. In aggiunta, nel corso degli anni
la prassi e la giurisprudenza che è intervenuta in materia è stata copiosa e
non sempre coerente, talchè a tutt’oggi la materia è oggetto di discussione,
sia da parte della dottrina, sia da parte della giurisprudenza stessa.
Le agevolazioni fiscali per
l’acquisto della prima casa sono,
come detto, disciplinate dalla nota II-bis dell’art. 1 della tariffa, parte I,
allegata al DPR n. 131/86, e consistono nell’applicazione:
· dell’IVA con aliquota pari al 4%
ovvero dell’imposta di registro con aliquota pari al 3% (la riduzione
dell’imposta di registro dal 4% al 3% si applica a decorrere dai trasferimenti
effettuati a partire dal 1° gennaio 2000, per effetto di quanto stabilito
dall’art. 7, co. 6, Legge 23.12.1999, n. 488);
· delle
imposte ipotecaria e catastale in misura fissa (pari ad euro 168,00 per
ciascuna imposta), in virtù dell’art. 10 co. 6 del D.L. 20.6.96 n. 323.
Per la
fruizione dei suddetti benefici, è opportuno ricordare quanto è stato stabilito
dalla Cassazione (sentenza 21.4.2009, n.
9383), secondo cui per poter beneficiare dell’aliquota Iva ridotta del 4%, l’immobile deve essere in regola con la
normativa edilizia al momento della richiesta del beneficio, a nulla
rilevando la successiva sanatoria edilizia. Pertanto, sostiene la Suprema
Corte, non è possibile sospendere l’applicazione dell’aliquota agevolata finchè
non venga sanata l’irregolarità edilizia riscontrata, poiché, per effetto del
combinato disposto degli artt. 46 della Legge n. 47/1985, e 41-ter della Legge
n. 1150/1942, “è il riconoscimento del
beneficio fiscale dell’aliquota Iva agevolata, e non già il diritto
dell’Ufficio a disconoscere tale beneficio per insussistenza dei presupposti
richiesti dalle legge (….), a essere subordinato e/o condizionato all’effettivo
rilascio di un provvedimento di sanatoria delle difformità edilizie ostative
riscontrate”.
Come detto, l’agevolazione
per l’acquisto della “prima casa” è necessariamente collegata alla presenza di
un immobile abitativo, nonché alle relative pertinenze (pur con alcuni
limiti, in quanto è possibile estendere l’agevolazione ad un massimo di tre
pertinenze, purchè classificate in categoria C/2, C/6 e C/7).
Secondo quanto previsto nella
C.M. 17.4.1981, n. 14, per casa di
abitazione deve intendersi “ogni
costruzione destinata a dimora delle persone e delle loro famiglie, cioè
strutturalmente idonea ad essere utilizzata ad alloggio stabile di singole
persone o di nuclei familiari, a nulla rilevando la circostanza che la stessa
sia abitata in via permanente o saltuaria”.
L’individuazione pratica degli immobili ad uso abitativo è alquanto
agevole, in quanto, come precisato da ultimo nella C.M. 4.8.2006, n. 27/E, in tale categoria rientrano i fabbricati classificati o classificabili
nella categoria “A”, con esclusione
di quelli classificati nella categoria
“A/10”.
E’ importante ricordare
che, ai fini Iva, a differenza di quanto previsto per le imposte sui redditi, non rileva l’utilizzo effettivo
dell’immobile, in quanto ciò che rileva è la classificazione catastale dello
stesso. Pertanto, ad esempio, se un immobile di categoria “A/3” è utilizzato
effettivamente per lo svolgimento di un’attività d’impresa (sede legale o
amministrativa di una società), ovvero di carattere professionale (studio), ai
fini Iva tale immobile è comunque di tipo abitativo. Tale aspetto riveste una
certa importanza, soprattutto per quanto riguarda il trattamento Iva della
cessione di tale immobile.
La categoria di immobili cui il
legislatore ha riservato l’applicazione dei benefici “prima casa” è costituita
dalle case di abitazione “non di lusso”,
per la cui definizione è necessario rifarsi al contenuto del D.M. 2.8.1969.
Tale decreto è strutturato come segue:
· gli artt. da 1 a 7 contengono delle
caratteristiche, verificate le quali l’abitazione si considera “di lusso”, con
conseguente esclusione dall’applicazione dei benefici fiscali;
·
l’art. 8, di natura residuale, prevede che
l’immobile abitativo si considera “di lusso” qualora siano verificate oltre
quattro caratteristiche di cui alla tabella allegata al decreto.
In buona sostanza, mentre per i primi sette articoli, è sufficiente la verifica
del contenuto dello stesso articolo per verificare la natura dell’abitazione,
l’ultima disposizione richiede una verifica più complessa, in quanto devono
sussistere almeno cinque caratteristiche illustrate nella tabella allagata
affinchè l’abitazione possa essere considerata “di lusso”.
Relativamente alle modalità di verifica delle condizioni previste dal
D.M. 2.8.1969, la C.M. 12.8.2005, n. 38/E, ha precisato che si possono rilevare
sia dal contenuto dell’atto (la
descrizione dell’immobile, ad esempio), sia dalla documentazione allegata all’atto stesso (certificazione catastale,
concessione edilizia, ecc.).
Nessun commento:
Posta un commento