di Sandro CERATO
Il D.L. n. 16/2012 (cd. decreto “semplificazioni”) contiene numerose misure volte allo snellimento di alcuni adempimenti previsti in capo alle imprese ed ai professionisti. Tra queste assume particolare rilievo quella, contenuta nell’art. 2, co. 8, riferita all’obbligo di comunicazione delle operazioni intercorse con soggetti residenti o domiciliati in Paesi black list, di cui all’art. 1, co. 1, del D.L. 25.3.2010, n. 40 (convertito, con modificazioni, dalla Legge 22.5.2010, n. 73). Secondo tale disposizione, si rammaenta, i soggetti passivi Iva sono tenuti a comunicare all’Agenzia delle Entrate, in via telematica, tutte le cessioni di beni e prestazioni di servizi, effettuate e ricevute, registrate o soggette a registrazione, intercorse – a partire dal 1° luglio 2010 (art. 5 del D.M. 30.3.2010) – con soggetti aventi sede, residenza o domicilio nei Paesi c.d. black list di cui ai Decreti Ministeriali del 4.5.1999 e 21.11.2001, così come modificati dal successivo D.M. 27.7.2010, che ha escluso dall’elenco tre Stati: Cipro, Malta e Corea del Sud.
Si osserva che gli elenchi contenuti nei predetti Decreti Ministeriali devono essere applicati congiuntamente, a prescindere dalla condizione soggettiva dell’operatore economico, essendo sufficiente che “abbia sede, residenza o domicilio in un Paese contemplato da una sola delle suddette liste e indipendentemente dalla natura giuridica e dall’attività svolta da tale operatore” (C.M. 21.10.2010, n. 53/E, paragrafo 1.). Ad esempio, è obbligato alla comunicazione “black list” il soggetto passivo Iva che cede beni, o presta servizi, a beneficio di un’impresa stabilita in Lussemburgo, Paese compreso soltanto nella lista di cui all’art. 3, co. 1, n. 9), del D.M. 21.11.2001, anche se diversa da una “società holding di cui alla locale legge 31.7.1929”.
Relativamente alle operazioni interessate dall’obbligo di comunicazione, l’Agenzia delle Entrate ha chiarito che rilevano le seguenti operazioni perfezionate con operatori economici localizzati in Stati a fiscalità privilegiata (C.M. n. 53/E/2010, paragrafo 2.):
· le cessioni, gli acquisti e le prestazioni di servizi con soggetti comunitari;
· le prestazioni di servizi rese a favore di soggetti extracomunitari, ovvero fornite da costoro;
· le esportazioni e le importazioni di beni, anche nel caso in cui siano, rispettivamente, precedute e seguite dal transito in un deposito Iva, ai sensi dell’art. 50-bis del D.L. 30 agosto 1993, n. 331.
Come anticipato, l’art. 2, co. 8, del D.L. n. 16/2012, interviene a parziale modifica delle disposizioni normative che prevedono l’obbligo di comunicazione delle operazioni in questione, fissando una soglia minima, pari a euro 500, al di sotto della quale non sussiste l’inclusione dell’operazione nella comunicazione. L’intervento normativo, se certamente ha l’obiettivo di semplificare l’adempimento in questione, in quanto esclude le operazioni di piccolo importo (si pensi, ad esempio, all’acquisto via internet di un software presso un operatore economico stabilito in un Paese a fiscalità privilegiata), potrebbe portare con sé alcune complicazioni, soprattutto in relazione al criterio che dovrà essere utilizzato per l’individuazione della nuova soglia minima di euro 500.
In particolare, dovrà essere chiarito se si debba aver riguardo alla nozione di operazioni in ambito Iva, e quindi utilizzando i criteri di cui all’art. 6 del DPR 633/72, ovvero quelli già utilizzati ai fini dello “spesometro” (anche tale adempimento è stato oggetto di modifiche da parte del decreto semplificazioni, ndr), nel qual caso di deve tener conto delle operazioni tra di loro collegate, ovvero dei contratti con corrispettivo periodico determinato. Appare evidente che l’utilizzo di tale seconda impostazione comporterebbe numerosi problemi in capo ai soggetti interessati, già “scottati” dall’esperienza dello spesometro, ragion per cui sembra possibile sostenere che deve prevalere una nozione di operazione ai fini Iva. Tuttavia, anche questa soluzione, ad onor del vero, potrebbe prestare il fianco ad alcune critiche, atteso che in presenza di pagamento di acconti, l’operazione verrebbe “spezzata” con conseguente esclusione dall’inserimento della stessa nella comunicazione, laddove le singole tranches di acconti siano di importo non superiore a euro 500.
Per maggior chiarezza, si consideri il seguente esempio: acquisto di software per un costo di euro 700 presso un operatore black list, con pagamento di un acconto di euro 300 all’atto dell’ordine e successivo pagamento del saldo di euro 400 al momento dell’effettuazione del download. Trattandosi, ai fini Iva, di due distinte operazioni di importo non superiore alla soglia minima di euro 500, si potrebbe concludere che le predette operazioni siano escluse dall’obbligo di comunicazione. La conclusione descritta è tuttavia criticabile, atteso che la stessa operazione, nell’ipotesi in cui fosse saldata per intero in unica soluzione, deve essere oggetto di comunicazione in quanto di importo superiore ad euro 500.
In ogni caso, pare condivisibile il pensiero di Assonime (circolare n. 11/2012), secondo cui il limite di euro 500 deve essere computato con riferimento ad ogni singola operazione, e non tenendo conto di tutte le operazioni effettuate dal medesimo soggetto nel corso del mese o trimestre di riferimento per la presentazione della comunicazione.
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