mercoledì 29 agosto 2012

Il diritto alla rivalsa dell'Iva accertata

di Sandro CERATO

L’art. 93 del D.L. n. 1/2012, modificando l’art. 60 del DPR 633/72, consente l’esercizio del diritto di rivalsa dell’Iva accertata al cedente o prestatore. La modifica normativa elimina finalmente il divieto, esistente sin dall’introduzione dell’Iva nel 1973, di poter addebitare, in via di rivalsa, al cessionario dei beni o al committente del servizio l’eventuale Iva accertata in capo al soggetto passivo, in palese contrasto con l’art. 167 della direttiva 2006/112, che sancisce il principio di simmetria tra esigibilità e detrazione del tributo. Il passaggio normativo, che si auspica sia confermato nel corso dell’iter di conversione, rappresenta una tappa importante nel percorso di avvicinamento all’effettiva neutralità del tributo nei passaggi interni dei beni e servizi tra soggetti passivi, per i quali l’Iva rappresenta una mera partita di giro, dovendo rimanere inciso del tributo solamente il consumatore finale.
In questa sede si intende porre l’attenzione su alcuni aspetti che costituiscono una sorta di “prerequisito” per poter accedere alla facoltà in questione, che si sostanzia, come detto, nella possibilità di rendere neutra l’imposta anche in sede di accertamento della stessa. In particolare, la prima riflessione attiene all’esclusione da tale possibilità di tutte le vendite “in nero”, nelle quali, per definizione, non si conosce la controparte economica dell’operazione, nonché delle fatture “false”, in cui l’inesistenza dell’operazione riverbera i suoi effetti anche sulla relativa imposta e, di conseguenza, anche sul diritto alla detrazione in capo al cessionario-committente.
In altre parole, requisito necessario affinché si possa operare la rivalsa in questione è l’avvenuta emissione di un documento contabile a fronte dell’operazione, successivamente riqualificata dall’Amministrazione Finanziaria. Si pensi, ad esempio, all’emissione di una fattura fuori campo, ai sensi dell’art. 7-ter del DPR 633/72, nei confronti di un operatore soggetto passivo Iva in altro Stato Ue, e rettificata come imponibile in sede di verifica a seguito della mancata iscrizione del committente comunitario nell’elenco Vies (servizio cd. “business to consumer”).
Il secondo aspetto riguarda l’istituto della rivalsa, sancito dall’art. 18 del DPR 633/72, secondo cui si attua la traslazione dell’imposta in capo al cessionario/committente, il quale è tenuto, se soggetto passivo, a ribaltare tale tributo nel successivo passaggio “a valle”, fino ad arrivare al consumatore finale, il quale rimane inciso definitivamente dell’imposta. Orbene, prima delle modifiche apportate dal D.L. 1/2012, la rivalsa non poteva essere esercitata, ai sensi del precedente art. 60, co. 7, del DPR 633/72, dopo l’emissione dell’atto di accertamento o di rettifica, con la conseguenza che tale diritto non era precluso prima della notifica dei predetti atti. In tale intervallo temporale, infatti, il cedente o prestatore era, ed è tuttora, legittimato ad esercitare tale diritto, con conseguente modifica dell’operazione originariamente effettuata. In caso contrario, ossia laddove si interpretasse il vecchio divieto posto dall’art. 60 di esercitare la rivalsa per tutte le operazioni soggette a rettifica o accertamento comporterebbe l’illegittima abrogazione della disposizione di cui all’art. 26 del DPR 633/72, il cui co. 1 prevede l’onere di fatturazione successiva rispetto al momento di effettuazione dell’operazione originaria, anche per cause imputabili al contribuente. Pertanto, fino al momento in cui non interviene un atto di accertamento o di rettifica, il contribuente era già legittimato ad operare una variazione dell’operazione, e della relativa rivalsa, nelle ipotesi ed alle condizioni previste dall’art. 26 del DPR 633/72.
Infine, per quanto riguarda il cessionario, o committente, lo stesso, secondo quanto stabilito dal novellato co. 7 dell’art. 60, è legittimato ad esercitare la detrazione dell’imposta pagata al cedente o prestatore, a seguito dell’accertamento, tenendo conto di due importanti elementi:
·       il primo “temporale”, secondo cui il termine iniziale per l’esercizio del diritto alla detrazione coincide con il momento in cui l’imposta stessa è pagata al cedente o prestatore che ha esercitato il diritto alla rivalsa, e non in funzione del momento originario di effettuazione dell’operazione principale (successivamente accertata o rettificata);
·       il secondo, invece, attiene alla “qualità” della detrazione, che può essere esercitata alle stesse condizioni esistenti al momento di effettuazione dell’operazione originaria. Pertanto, ad esempio, laddove al momento di effettuazione dell’operazione originaria, il cessionario o committente subiva la penalizzazione di un pro-rata limitato di detrazione per effetto di attività esenti, la detrazione dell’imposta pagata a seguito della rivalsa in sede di accertamento deve subire la stessa limitazione, anche se nel frattempo tale pro-rata non sussiste più, o sussiste in maniera differente.

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