di Sandro
CERATO
I criteri di
deducibilità delle perdite su crediti, da adottare in sede di determinazione
del reddito d’impresa, sono stabiliti dall’art. 101, co. 5, del D.P.R. n.
917/1986, recentemente sostituito dall’art. 33, co. 5, del D.L. n. 83/2012. La
disposizione stabilisce che tali costi rappresentano un componente negativo dell’imponibile
fiscale se, alternativamente:
· risultano da elementi certi e precisi;
· il debitore è assoggettato ad una procedura concorsuale o – come previsto
dal Decreto Crescita – ha concluso un accordo di ristrutturazione dei debiti
omologato ai sensi dell’art. 182-bis del R.D. n. 267/1942.
In questo primo commento afferente le novità, ci
soffermeremo su quelle riguardanti la deducibilità delle perdite su crediti in
base agli “elementi certi e precisi”,
ovvero nei confronti di un debitore non assoggettato a
procedura concorsuale, né che ha concluso un accordo di ristrutturazione dei
debiti omologato.
Il
Decreto Crescita – sostituendo integralmente l’art. 101, co. 5, del D.P.R. n.
197/1986 – ha previsto che la predetta condizione deve ritenersi, in ogni caso,
soddisfatta “quando il credito sia di modesta entità e
sia decorso un periodo di sei mesi dalla scadenza di pagamento del credito”.
È stato, quindi, recepito l’orientamento dell’Amministrazione Finanziaria (R.M. n. 9/124/1976) – confermato anche
nella risposta all’interrogazione parlamentare n. 5-00570/2008 – secondo cui,
nell’ipotesi di crediti commerciali di modesto importo, la deduzione della
perdita di competenza del periodo d’imposta può, tuttavia, prescindere dalla
ricerca di rigorose prove formali: la lieve entità della pretesa può, infatti,
indurre l’impresa a non intraprendere azioni di recupero, obiettivamente
antieconomiche, che comporterebbero il sostenimento di ulteriori oneri. In
altri termini, è previsto che, al ricorrere di tale ipotesi, l’esistenza della
perdita su crediti è automaticamente dimostrata e, quindi, deducibile dal reddito
d’impresa, senza la necessità di fornire
ulteriori prove. Al fine di accedere a tale beneficio, è, quindi,
necessario che il credito da cui è derivata la perdita soddisfi,
congiuntamente, due condizioni:
1)
il termine di scadenza del proprio
pagamento è decorso da almeno sei mesi. Non essendo stabilite espresse
eccezioni, tale beneficio dovrebbe ritenersi applicabile anche ai crediti rispetto ai quali il termine di sei mesi dalla
scadenza è già decorso alla data di entrata in vigore del novellato art. 101,
co. 5, del Tuir;
2)
è di modesta entità, ovvero non supera il seguente importo:
a)
euro
5.000,00 per le imprese di più rilevante dimensione,
individuate a norma dell’art. 27, co. 10, del D.L. n. 185/2008;
b)
euro
2.500,00 negli altri casi.
A
questo proposito, si rammenta che per “imprese di più rilevante dimensione” si
intendono quelle che conseguono un volume d’affari o ricavi non inferiori ad
100 milioni di euro, sebbene il provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle
Entrate n. 181850/2010 abbia fissato tale soglia – a decorrere dal 1° gennaio
2011 – nel maggior importo di 150 milioni di euro: la suddetta norma di
riferimento prevedeva, infatti, la riduzione – ad opera di un atto
dell’Amministrazione Finanziaria – di tale limite
a 100 milioni di euro entro il 31 dicembre 2011, così come precisato nel
provvedimento direttoriale del n. 54291/2009. La mancata emanazione del formale
atto di riduzione del limite a 100 milioni di euro non è, tuttavia, ritenuta
idonea ad escludere l’operatività della predetta soglia: in senso conforme, si
vedano anche la C.M. n. 18/E/2012 (par.
2.1), e le istruzioni alla compilazione del modello Unico 2012 – Società di
Capitali (pagina 13).
Il novellato art.
101, co. 5, del D.P.R. n. 917/1986 contempla anche altre due fattispecie di automatica sussistenza degli elementi certi
e precisi:
1)
la prescrizione
del diritto alla riscossione, attribuendo, quindi, rilevanza alle
corrispondenti disposizioni civilistiche, ed in particolare al termine
ordinario di dieci anni (art. 2946 c.c.);
2)
la cancellazione
dei crediti in bilancio, operata in dipendenza di eventi estintivi, da parte delle imprese che redigono il bilancio
in base ai principi contabili
internazionali di cui al Regolamento (CE) n. 1606/2002. È il caso, ad
esempio, delle rettifiche di valore operate in ossequio allo standard Ias 39,
per effetto della scadenza dei diritti contrattuali sui flussi finanziari
derivanti dal credito.
Al di fuori di
tali nuove forme di presunzione, è necessario applicare il principio generale degli “elementi certi e precisi”, salvo che il
debitore sia assoggettato ad una procedura concorsuale, oppure abbia concluso
un accordo di ristrutturazione dei debiti omologato.
Si
rammenta, infine, che le perdite su crediti sono, invece, sempre irrilevanti ai fini della determinazione
della base imponibile Irap, in
quanto indeducibili per espressa previsione normativa, indipendentemente dalla
circostanza che il contribuente applichi le regole previste per le società di
capitali di cui all’art. 5 del D.Lgs. n. 446/1997 (c.d. principio di derivazione dal bilancio) – invocabile anche, per
opzione, dalle imprese individuali e dalle società di persone in contabilità
ordinaria, a norma del successivo art. 5-bis, co. 2 – oppure quelle dettate con
riferimento ai soggetti Irpef (art. 5-bis, co. 1, del predetto Decreto).
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