lunedì 27 agosto 2012

Responsabilità fiscale negli appalti: novità del D.L. 83/2012

di Sandro CERATO

L’art. 13-ter del D.L. 83/2012, inserito in sede di conversione in legge, ha modificato l’art. 35, co. 28, del D.L. n. 223/06 relativamente al tema della responsabilità fiscale negli appalti. E’ bene ricordare che con l’art. 2, co. 5-bis, del D.L. n. 16/2012, il legislatore aveva già radicalmente modificato il predetto art. 35, co. 28, del D.L. n. 223/06, concernente la responsabilità solidale dell’appaltatore con il subappaltatore per il versamento delle ritenute sui redditi di lavoro dipendente, dei contributi previdenziali e dei contributi assicurativi obbligatori per gli infortuni.
Con le “vecchie” modifiche del D.L. 16/2012, a differenza di quanto accadeva prima, si estende la responsabilità fiscale, in quanto si stabilisce che in caso di appalto di opere o servizi, il committente imprenditore o datore di lavoro è responsabile in solido con l’appaltatore, nonché con ciascuno dei subappaltatori, fino a due anni dalla cessazione dell’appalto, per il versamento delle ritenute sui redditi di lavoro dipendente e dell’Iva relativa alle fatture inerenti le prestazioni effettuate nell’ambito dell’appalto.
Tale responsabilità, si precisava, veniva meno qualora il committente dimostrasse di aver messo in atto tutte le cautele possibili per evitare l’inadempimento (norma da collegare con l’art. 29, co. 2, del D.Lgs. n. 276/2003, con cui si stabilisce la responsabilità solidale del committente con l’appaltatore ed eventuali subappaltatori, entro ili limite di due anni dalla cessazione dell’appalto, per le retribuzioni ed i contributi previdenziali ed assistenziali).
La questione maggiormente critica che si era posta immediatamente atteneva proprio a tale ultimo aspetto, in quanto il committente era esonerato dalla responsabilità solidale solamente se dimostrava che il mancato versamento dell’Iva e delle ritenute da parte dell’appaltatore si era verificato nonostante fossero state poste in essere tutte le cautele possibili per evitare tale inadempimento. Sembrava tuttavia trattarsi di una prova alquanto difficile da fornire, in quanto ci si chiedeva quali dovevano essere i mezzi adottati dai committenti per evitare di incorrere nella responsabilità in questione.
In buona sostanza, in un contratto di appalto, il committente avrebbe dovuto richiedere ai propri appaltatori e subappaltatori un documento equipollente al Durc (Documento unico di regolarità contributiva), già previsto per gli obblighi previdenziali. In caso contrario, il committente poteva essere chiamato a rispondere del mancato versamento dell’Iva da parte dell’appaltatore (peraltro allo stesso già corrisposta), nonché delle ritenute Irpef sul reddito di lavoro dipendente altrui.
In merito alle ritenute fiscali, la prova più “semplice” da fornire potrebbe essere quella di ottenere copia, da parte degli appaltatori e subappaltatori, dei modelli F24 relativi ai suddetti versamenti, mentre appare più complessa la prova relativa all’Iva, in quanto il versamento della stessa avviene in occasione delle liquidazioni periodiche, in cui confluiscono tutte le operazioni attive e passive del soggetto, e non solamente quelle specifiche intercorse con l’appaltatore. Sembra quindi difficile “estrapolare” l’imposta dovuta sulle fatture emesse dagli appaltatori al fine di verificarne il relativo versamento, tenendo conto tra l’altro che la liquidazione periodica potrebbe chiudere anche a credito, nel qual caso non vi sarebbe nemmeno un effettivo versamento d’imposta. Meno problematica dovrebbe presentarsi la questione in relazione ai rapporti con i subappaltatori, per i quali si rende spesso applicabile il regime del reverse charge, ai sensi dell’art. 17 del DPR 633/72, con conseguente mancata esposizione dell’Iva nella fattura emessa.
L’art. 13-ter del D.L. 83/2012, riscrivendo integralmente la disciplina in questione, prevede quanto segue:
·       la responsabilità solidale opera esclusivamente nei rapporti tra appaltatore e subappaltatore, escludendo quindi il committente;
·       il committente, tuttavia, è soggetto ad una sanzione pecuniaria, da un minimo di euro 5.000 ad un massimo di euro 200.000, qualora provveda ad effettuare il pagamento del corrispettivo senza chiedere l’esibizione, da parte dell’appaltatore, della documentazione idonea alla dimostrazione del corretto assolvimento degli obblighi fiscali, sia in capo all’appaltatore, sia in capo al subappaltatore e se, effettivamente, siano state accertate inadempienze in capo ai predetti soggetti;
·       la possibilità, per l’appaltatore, di evitare la responsabilità in questione, laddove acquisisca dal subappaltatore, prima del pagamento del corrispettivo, un’asseverazione, rilasciata dai CAF o dai soggetti iscritti negli albi dei dottori commercialisti ed esperti contabili, dei consulenti del lavoro, in cui si attesti il corretto assolvimento degli adempimenti (già scaduti) connessi al versamento dell’Iva e delle ritenute fiscali sui redditi di lavoro dipendente;
·       la responsabilità solidale è limitata all’ammontare del corrispettivo dovuto;
·       esclusione, dalla nuova disciplina, delle stazioni appaltanti pubbliche, di cui all’art. 3, co. 33, del D.Lgs. n. 163/2006.
Dalla lettura delle novità descritte emergono senza dubbio degli aspetti positivi, soprattutto legati all’esclusione dalla responsabilità dei committenti pubblici, e nell’intento di individuare normativamente una documentazione idonea ad escludere la responsabilità solidale, senza dover ricorrere ad adempimenti quali l’esibizione di modelli F24, come richiesto in passato. Rimangono tuttavia alcune perplessità, soprattutto legate alla mole di adempimenti per evitare la responsabilità, che è comunque elevata, ed al permanere della responsabilità in ambito Iva, per la quale non si tiene conto che nei rapporti con i subappaltatori si applica il regime del reverse charge, in cui il vero responsabile nell’applicazione del tributo non è il subappaltatore, bensì l’appaltatore.

Nessun commento:

Posta un commento