domenica 20 maggio 2012

Il conteggio dell'ACE per i soggetti Ires

di Michele BANA

L’art. 1 del D.L. 6 dicembre 2011, n. 201, così come attuato dal D.M. 14 marzo 2012 stabilisce che, ai fini della determinazione del reddito netto complessivo, si deduce dall’imponibile fiscale un importo pari al rendimento nozionale di una particolare configurazione di mezzi propri. La forma di detassazione in parola è fissata nel 3,00% annuo per il primo triennio di applicazione dell’agevolazione (2011-2013): a partire dal quarto periodo d’imposta, sarà, invece, definito con un apposito Decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, da emanare entro il 31 gennaio di ogni anno, tenendo conto dei rendimenti finanziari medi dei titoli obbligazionari pubblici, aumentabili di ulteriori tre punti percentuali a titolo di compensazione del maggior rischio. L’aliquota così individuata deve essere applicata ad un importo diversamente determinato, a seconda della tipologia di contribuente: soggetti Ires od Irpef. Rinviando ad un successivo intervento con riferimento a questi ultimi, si consideri il caso delle società di capitali, rispetto alle quali il coefficiente del 3,00% opera sulla variazione in aumento del capitale proprio esistente alla chiusura dell’esercizio in corso al 31 dicembre 2010: quest’ultimo è rappresentato dal patrimonio netto risultante dal relativo bilancio, senza tenere conto dell’utile del medesimo periodo amministrativo, ovvero dal solo capitale sociale e dalle riserve. In altri termini, è agevolabile anche la quota non distribuita, né accantonata a riserva indisponibile, dell’utile dell’anno 2010, ancorchè maturato anteriormente all’entrata in vigore del D.L. n. 201/2011. Diversamente, rileva in diminuzione la perdita 2010, in quanto la norma esclude dal dato di partenza il solo utile di tale esercizio, e non il risultato economico genericamente inteso.
Gli incrementi rilevanti ai fini Ace possono sostanzialmente suddividersi in tre categorie:
1)  i conferimenti in denaro, a prescindere dalla causale sottostante (aumenti di capitale non semplicemente sottoscritti, versamenti per sovrapprezzo azioni/quote, in conto capitale o a fondo perduto, conversioni di obbligazioni, ecc.). Rilevano a decorrere dalla data del versamento, purchè – se eseguiti nell’ambito di un aumento di capitale – la relativa delibera sia stata “assunta successivamente all’esercizio in corso al 31 dicembre 2010” (art. 5, co. 2, lett. a), del D.M. 14 marzo 2012). Sono, pertanto, esclusi i conferimenti in natura;
2)  le rinunce dei soci ai propri crediti e le compensazioni. Ad integrazione di quanto previsto dalla norma istitutiva, l’art. 5, co. 2, lett. a), del D.M. 14 marzo 2012 – analogamente a quanto sostenuto dall’Agenzia delle Entrate con riferimento al bonus di capitalizzazione di cui all’art. 5, co. 3-ter, del D.L. 1° luglio 2009, n. 78 (C.M. 21 dicembre 2009, n. 53/E, paragrafo 2.1) – “si considera conferimento in denaro la rinuncia incondizionata dei soci al diritto alla restituzione dei crediti verso la società nonché la compensazione dei crediti in sede di sottoscrizione di aumento del capitale”: la remissione è, tuttavia, agevolabile soltanto se riguarda crediti non commerciali, ovvero derivanti da precedenti finanziamenti in denaro. Gli incrementi di capitale derivanti dalle predette operazioni rilevano a partire dalla data dell’atto di rinuncia, ovvero da quella in cui assume effetto la compensazione;
3)  gli utili portati a nuovo, destinati a copertura di perdite od accantonati a riserva (a partire dall’inizio dell’esercizio di formazione della stessa), ad eccezione di quelli destinati a riserve indisponibili, intendendosi per tali quelle “formate con utili diversi da quelli realmente conseguiti ai sensi dell’art. 2433 del codice civile in quanto derivanti da processi di valutazione nonché quelle formate con utili realmente conseguiti che, per disposizione di legge, sono o divengono non distribuibili né utilizzabili ad aumento del capitale sociale né a copertura di perdite; nell’esercizio in cui viene meno la condizione dell’indisponibilità, assumono rilevanza anche le riserve non disponibili formate successivamente all’esercizio in corso al 31 dicembre 2010” (art. 5, co. 5, del D.M. 14 marzo 2012). Devono, quindi, considerarsi accantonamenti di utili a riserva indisponibile e, quindi, irrilevanti ai fini Ace quelli alla riserva da valutazione delle partecipazioni con il metodo del patrimonio netto o da adeguamenti per utili su cambi non ancora realizzati (art. 2426, co. 1, n. 4) e 8-bis), c.c.), quelli alla riserva da rivalutazione monetaria o per acquisto di azioni proprie. Rilevano, invece, in quanto disponibili, la riserva legale e quella in sospensione d’imposta di cui all’art. 42, co. 2-quater, del D.L. n. 78/2010, accantonata dall’impresa che sottoscrive un contratto di rete, ovvero vi aderisce (art. 3, co. 4-ter e ss., del D.L. n. 5/2009), poiché non derivanti da operazioni valutative.
Se la durata del periodo d’imposta è differente dai 12 mesi, la variazione in aumento va ragguagliata (art. 2, co. 1, del D.M. 14 marzo 2012), in quanto il coefficiente del 3,00% è stabilito su base annua.
Per quanto concerne, invece, le rettifiche in diminuzione ai fini Ace sono rappresentate da:
·     riduzioni effettive di patrimonio netto con attribuzione, a qualsiasi titolo (distribuzione di utili, riserve o capitale sociale), ai soci o partecipanti;
·     riduzioni figurative derivanti da acquisti di partecipazioni in società controllate, aziende o rami di aziende.
A differenza degli incrementi, le variazioni in diminuzione rilevano a partire dall’inizio dell’esercizio in cui si sono verificate.
Non rilevano le riduzioni per copertura di perdite, né la perdita dell’esercizio 2011: nell’ipotesi di versamenti in denaro a copertura delle perdite, la detassazione spetta sull’intero ammontare apportato dai soci – sempre assunto pro-rata temporis, sulla base della data dell’effettiva esecuzione – e non al netto del predetto risultato economico.
L’art. 10, co. 2, del D.M. 14 marzo 2012 ha stabilito – al fine di evitare, soprattutto nell’ambito dei gruppi societari, gli effetti moltiplicativi del beneficio – che la predetta variazione netta in aumento, ovvero gli incrementi patrimoniali al netto delle riduzioni (effettive e figurative), deve essere ridotta di un importo pari ai conferimenti in denaro effettuati successivamente alla chiusura dell’esercizio in corso al 31 dicembre 2010 in favore di soggetti:
·     controllati ai sensi dell’art. 2359 c.c.;
·     sottoposti al controllo del medesimo controllante;
·     divenuti controllati a seguito del conferimento stesso.
La disposizione opera esclusivamente nei confronti del soggetto conferente, ed a prescindere dalla persistenza del rapporto di controllo, alla data di chiusura dell’esercizio.
La variazione in aumento che residua non ha, inoltre, effetto sino a concorrenza dei seguenti importi:
·     i corrispettivi per l’acquisizione o l’incremento di partecipazioni in società controllate, ovvero l’acquisizione di aziende, già appartenenti ai predetti soggetti (c.d. trasferimenti infragruppo); 
·     i conferimenti in denaro provenienti da non residenti, se controllati da residenti, oppure domiciliati in Stati o territori diversi da quelli individuati dal Decreto Ministeriale da emanarsi a norma dell’art. 168-bis del Tuir;
·     l’incremento, rispetto a quelli risultanti dal  bilancio  relativo all’esercizio in corso al 31 dicembre 2010, dei crediti di finanziamento nei confronti dei suddetti soggetti.
In ogni caso, la variazione incrementativa netta è agevolabile nel limite del “patrimonio netto”, rispetto al quale si riscontra una difformità tra le istruzioni la modello Unico 2012 e l’art. 11 del Decreto attuativo dell’Ace, peraltro emanato successivamente:
·     le prime sostengono, infatti, che non deve essere considerato l’utile dell’esercizio, ponendo, quindi, una soglia maggiormente contenuta;
·     il secondo considera, invece, l’intero patrimonio netto, compreso il risultato economico dell’esercizio, con espressa esclusione della sola riserva per acquisto di azioni proprie.
Alla luce della successione delle disposizioni nel tempo, nonché del criterio di gerarchia delle fonti normativa, si dovrebbe, tuttavia, attribuire preferenza alle disposizioni del D.M. 14 marzo 2012, con l’effetto che il limite del patrimonio netto include anche l’utile del periodo di riferimento.

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