martedì 8 maggio 2012

Irap e autonoma organizzazione: quando un intervento normativo?

di Sandro CERATO

Anche quest’anno, in occasione della predisposizione delle dichiarazioni annuali, i contribuenti (ed i lori consulenti) si pongono la questione dell’assoggettamento ad Irap dei “piccoli” professionisti ed imprenditori. Anche nel corso del 2011, e nei primi mesi del 2012, la giurisprudenza ha continuato ad occuparsi di specifiche questioni sull’esistenza o meno dell’autonoma organizzazione quale presupposto per l’assoggettamento ad Irap, che si estrinseca nei tre “sintomi” della responsabilità dell’organizzazione, nell’utilizzo di beni strumentali eccedenti il minimo richiesto e nell’utilizzo di dipendenti e collaboratori non occasionali.
Relativamente al requisito della responsabilità dell’organizzazione, la recente sentenza della Cassazione del 4 aprile 2012, n. 5936, in continuità con l’orientamento espresso in precedenza, ha confermato che il soggetto interessato deve essere il responsabile dell’organizzazione, e non deve essere inserito in organizzazioni altrui, per le quali non assuma alcuna responsabilità. Da tale pronuncia, si conferma l’esclusione da Irap dei collaboratori degli studi professionali che hanno un rapporto di “esclusiva” con uno studio professionale, il quale rappresenta di fatto l’unico cliente.
Per quanto attiene al valore dei beni strumentali, una recente sentenza della Cassazione (3 aprile 2012, n. 5320), in contrasto con quanto espresso in precedenza (Cass. 5 febbraio 2008, n. 2712, 6 settembre 2010, n. 19124, e 19 novembre 2010, n. 23446), ha stabilito che l’utilizzo di beni strumentali di valore rilevante sia di per sé sufficiente ad integrare il requisito dell’autonoma organizzazione, con conseguente assoggettamento ad Irap. Più correttamente, invece, l’accertamento dell’entità dei beni strumentali utilizzati deve essere effettuato in funzione della tipologia di attività svolta, poiché sembra fuori dubbio che un radiologo per svolgere la propria attività abbia necessità di investimento ben più elevate rispetto ad un agente di commercio o ad un promotore finanziario. In buona sostanza, ciò che rileva non è il valore dei beni utilizzati, bensì la verifica che quelli utilizzati eccedano o meno quelli indispensabili per l’esercizio della specifica attività professionale.
Per quanto riguarda, poi, la possibilità di escludere da Irap anche i piccoli imprenditori, e non solo i professionisti, la giurisprudenza sembra ormai consolidata in tal senso, e da ultimo si veda la Cass. 21 marzo 2012, n. 4990, secondo cui anche il piccolo imprenditore è escluso dall’Irap se svolge la propria attività senza autonoma organizzazione. In tal senso, si segnala la sentenza della Cass. 10 febbraio 2012, n. 1491, che ha sancito l’esclusione da Irap di un intermediario finanziario che svolge la propria attività utilizzando un’autovettura ed occasionalmente qualche collaboratore, nonché beni strumentali non eccedenti il minimo indispensabile.
Per quanto riguarda il comportamento operativo da tenere per escludere il contribuente da Irap, da tempo è stato ufficializzato che la mancanza del presupposto dell’autonoma organizzazione si manifesta tramite la non compilazione e presentazione della dichiarazione Irap (risposta al question time del 4 giugno 2008, n. 5-00072). Tuttavia, si ritengono validi anche i seguenti comportamenti:
-        compilazione e presentazione della dichiarazione, con versamento della relativa imposta, e successiva richiesta di rimborso;
-        presentazione della dichiarazione ed omissione del versamento. In relazione a tale procedura, si segnala che con una sentenza delle Sezioni Unite del 14 ottobre 2009, n. 21749, la Cassazione ha stabilito che dal principio della emendabilità e ritrattabilità della dichiarazione, il contribuente che ha ricevuto una cartella di pagamento per omesso versamento dell’imposta è legittimato ad impugnare la stessa facendo valere errori di fatto o di diritto commessi nella compilazione della dichiarazione Irap. potendo in tal modo attivare un contenzioso non basato sui vizi propri della cartella, bensì entrando nel merito della debenza del tributo.
Infine, a corollario di quanto esposto nel presente intervento, sembra ormai necessario, ed urgente, un intervento normativo che risolva una volta per tutte il nodo della verifica dell’autonoma organizzazione, altrimenti il rischio cui si va incontro è di alimentare eccessivamente il contenzioso tributario, costringendo il contribuente e l’Amministrazione finanziaria a fronteggiare costi ed oneri ingenti. L’Agenzia, dal canto suo, dopo aver espresso il suo pensiero dapprima nella C.M. 13 giugno 2008, n. 45/E, e successivamente nella C.M. 28 maggio 2010, n. 28/E, non è più intervenuta per aggiornare il suo pensiero a seguito delle ormai innumerevole sentenza che continuano ad essere emanate sulla materia.

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