di Sandro CERATO
L’art. 9, co. 1, lett. a),
del D.L. n. 83/2012 ha modificato l’art. 10, co. 1, del D.P.R. 26 ottobre 1972,
n. 633, sostituendo i nn. 8), 8-bis) e 8-ter), per effetto dei quali sono esenti da Iva:
· n.
8): le locazioni e gli affitti, relative cessioni, risoluzioni e proroghe, di
terreni ed aziende agricole, di aree diverse da quelle destinate a parcheggio
di veicoli, per le quali gli strumenti urbanistici non prevedono la
destinazione edificatoria, e di fabbricati, comprese le pertinenze, le scorte e
in genere i beni mobili destinati durevolmente al servizio degli immobili
locati ed affittati, escluse le
locazioni, per le quali nel relativo atto il locatore abbia espressamente
manifestato l’opzione, di fabbricati
abitativi effettuate dalle imprese costruttrici degli stessi o da quelle che vi
hanno eseguito, anche tramite aziende appaltatrici, interventi di
ristrutturazione, di fabbricati abitativi destinati ad alloggi sociali e di
fabbricati strumentali che, per le proprie caratteristiche, non sono
suscettibili di diversa utilizzazione senza radicali trasformazioni. A questo
proposito, si pone, tuttavia, un immediato problema interpretativo, con
riferimento ai contratti di locazione
già in corso al 26 giugno 2012, data di entrata in vigore della
disposizione, stipulati in regime di esenzione Iva e che ora, in virtù della
modifica normativa, possono diventare imponibili, previo esercizio dell’opzione “nel relativo atto”, ipotesi
non prospettabile, però, per i contratti pendenti: il D.L. n. 83/2012 non
contiene, tuttavia, una disciplina transitoria, ponendo, pertanto, dei dubbi in
merito all’esercizio dell’opzione anche con riguardo agli atti preesistenti. A
questo proposito, potrebbe soccorrere un principio formulato dalla R.M. 4 gennaio 2008, n. 2/E, secondo
cui – in caso di subentro in un contratto di locazione già esistente –
l’impresa subentrante, che ovviamente non aveva potuto eseguire l’opzione in
sede di registrazione del contratto, può effettuarla all’atto del subentro,
inviando una raccomandata con ricevuta di ritorno all’Agenzia delle Entrate.
Tale soluzione, in attesa di un auspicabile chiarimento dell’Amministrazione
Finanziaria, sembrerebbe percorribile anche nel caso in esame, in quanto si
tratta di fattispecie in cui oggettivamente l’opzione non era esercitabile
all’atto della sottoscrizione del contratto, ovvero una sorta di “favor rei”,
in considerazione della sopravvenuta disposizione normativa che ha introdotto
un regime di vantaggio (in termini di detrazione dell’Iva) per le imprese di
costruzione immobiliare;
· n.
8-bis): le cessioni di fabbricati o
di porzioni degli stessi diversi da quelli di cui al n. 8-ter), escluse quelle effettuate dalle imprese
costruttrici o da quelle che vi hanno eseguito interventi di ristrutturazione,
entro 5 anni dalla data di ultimazione della costruzione o dell’intervento,
ovvero quelle effettuate dalla stesse imprese anche successivamente, nel caso
in cui nel relativo atto il cedente abbia espressamente manifestato l’opzione
per l’imposizione;
· n.
8-ter): le cessioni di fabbricati
strumentali, o porzioni degli stessi, che – per le loro caratteristiche –
non sono suscettibili di diversa utilizzazione senza radicali trasformazioni, escluse quelle effettuate dalle imprese
costruttrici dei medesimi o da quelle che vi hanno eseguito, anche tramite
aziende appaltatrici, gli interventi di ristrutturazione, entro 5 anni dalla
data di ultimazione della costruzione o dell’intervento, e quelle per le quali
nel relativo atto il cedente abbia espressamente manifestato l’opzione per
l’imposizione.
Al di fuori del caso
particolare degli “alloggi sociali”, i benefici
previsti dal Decreto Sviluppo, ovvero l’imponibilità Iva di locazioni e
cessioni, rappresentano una prerogativa
soltanto per le imprese di “costruzione”, le quali possono optare per
l’imponibilità Iva delle locazioni, ovvero per le cessioni di tali immobili
oltre il termine di cinque anni dall’ultimazione dei lavori di costruzione o
ristrutturazione degli stessi. Naturalmente, resta ferma l’applicazione
dell’Iva, senza alcuna opzione, per le cessioni di immobili costruiti o
ristrutturati dalle stesse entro cinque anni dall’ultimazione dei lavori.
Conseguentemente, diventa determinante, ai fini dell’applicazione del regime di
imponibilità Iva, lo “status” di impresa di costruzione o ristrutturazione, già
puntualmente definito, in passato, dall’Agenzia delle Entrate (C.M. 11 luglio
1996, n. 182/E):
· l’impresa di costruzione è quella che,
anche occasionalmente, svolge attività
di costruzione di immobili per la successiva rivendita, a nulla rilevando la
modalità di esecuzione dei lavori, potendo, infatti, essere affidati – in tutto
od in parte – anche ad altre imprese (CC.MM. 4 agosto 2006, n. 27/E, e 2 agosto
1973, n. 45/E), così come, peraltro, espressamente confermato dall’art. 10, co.
1, n. 8) e 8-bis), del D.P.R. n. 633/1972. Rientrano in tale casistica anche
l’impresa che ha fatto costruire l’immobile, ma normalmente svolge altra
attività (RR.MM. 23 aprile 2003, n. 93/E, e 21 marzo 1990, n. 430065), e la
società cooperativa edilizia che costruisce direttamente, o tramite imprese,
terzi, gli alloggi da assegnare successivamente ai soci;
· l’impresa di ristrutturazione è quella
che, anche tramite appalto, esegue gli
interventi di recupero, di cui alle lett. c), d) ed f), dell’art. 3 del D.P.R.
6 giugno 2001, n. 380.
L’art.
9, co. 1, lett. b), del Decreto Sviluppo ha, inoltre, modificato l’art. 17,
co. 6, del D.P.R. n. 633/1972, sostituendo la lett. a-bis), per
effetto della quale è prevista l’applicazione del meccanismo dell’inversione
contabile (c.d. reverse charge) “alle cessioni di fabbricati o di porzioni
di fabbricato di cui ai numeri 8-bis) e 8-ter) del primo comma dell' articolo
10 per le quali nel relativo atto il cedente abbia espressamente manifestato
l'opzione per l'imposizione”.
Sul punto, si osservi che il richiamo al n. 8-bis) comporta
l’operatività di tale sistema sia nei confronti dei fabbricati strumentali – come, peraltro, già previsto dalla
formulazione previgente – che di quelli abitativi,
qualora rientranti in ambito Iva, e non esenti. Si consideri, inoltre, che il reverse charge si applica
esclusivamente alle vendite soggette ad
Iva per opzione, e non anche a quelle per le quali l’alienante è tenuto ad
applicare l’imposta nei modi ordinari, ovvero con l’esercizio del diritto di
rivalsa.
È stato, inoltre, sostituito
il n. 127-duodevicies), nella
Tabella A), allegata al D.P.R. n. 633/1972, per effetto del quale sono soggette
ad Iva del 10,00% le seguenti locazioni
di fabbricati abitativi:
· effettuate
dalle imprese costruttrici degli stessi, o da quelle che vi hanno eseguito gli
interventi di ristrutturazione di cui all’art. 3, co. 1, lett. c), d) ed f),
del D.P.R. n. 380/2001;
· destinati
ad alloggi sociali, come definiti dal D.M. 22 aprile 2008.