di Sandro CERATO
La disciplina civilistica non prevede una specifica
disposizione applicabile alle società a responsabilità limitata, con l’effetto
che l’eventuale previsione del compenso è demandata all’autonomia statutaria. Non è, infatti, eccepibile una generale
presunzione di onerosità dell’attività gestoria: si pensi, ad esempio, alle
s.r.l. connotate – in base allo statuto, alla struttura societaria ed alla
composizione dell’organo amministrativo – da un assetto tipicamente
personalistico, in cui l’amministrazione
è affidata, in via esclusiva, a tutti i soci. Al ricorrere di questa ipotesi, non è dovuto un compenso per la funzione gestoria, in quanto da
ritenersi ricompreso nella quota di partecipazione agli utili definita
dall’atto costitutivo. In senso conforme, si riscontra anche la consolidata
posizione della giurisprudenza di legittimità, secondo cui è efficace la previsione
statutaria di gratuità
dell’esercizio delle funzioni di amministratore: il principio
dell’onerosità della carica è, infatti, stabilito per i sindaci – a norma degli
artt. 2364, co. 1, n. 3, e 2402 c.c. – ma non per gli amministratori (Cass.
n. 14640/2008). Con l’effetto che, qualora l’atto costitutivo riconosca esclusivamente un’indennità per lo
svolgimento di particolari incarichi, l’amministratore matura il diritto
al compenso soltanto se dimostra l’effettuazione di attività eccedenti i
compiti propri del suo mandato, ovvero non riconducibili alla funzioni
rappresentative e di spettanza (Cass. n. 7961/2009).
Le modalità ed i criteri di determinazione del compenso spettante agli amministratori
devono essere stabiliti all’atto della
nomina o dall’assemblea dei soci (applicazione analogica dell’art. 2389
c.c., previsto per le s.p.a.). In altri termini, il compenso deve essere espressamente
deliberato, sulla base di una discussione consapevole, non essendo
possibile invocare un’implicita decisione dei soci, in occasione
dell’approvazione del bilancio: non è, infatti, sufficiente che la nota
integrativa contenga la voce “compenso amministratori”, ed il relativo importo
(Cass. n. 21933/2008). Diversamente, si violerebbero le norme imperative
in materia di competenza degli organi sociali e di tutela dei diritti di informazione
dei soci e dei terzi. In mancanza, l’amministratore può richiedere la liquidazione al tribunale, che
provvede in via equitativa, sulla base di alcuni parametri oggettivi (Trib.
Milano 30 giugno 2008):
l’attività concretamente e specificamente svolta
nell’adempimento dell’incarico;
la durata del mandato;
l’onorario riconosciuto ad
altri amministratori, con riferimento a prestazioni analoghe.
Sotto il profilo
fiscale, trova applicazione l’art.
95, co. 5, del D.P.R. n. 917/1986, in virtù del quale – in deroga al
generale criterio di competenza, sul quale è fondata la determinazione del
reddito d’impresa – il costo relativo al compenso dell’amministratore persona fisica è deducibile, da parte dell’impresa
gestita, nel periodo d’imposta in cui lo stesso è effettivamente erogato (c.d. principio di cassa). Con l’effetto
che, nel caso dell’amministratore “professionista” (C.M. n. 105/E/2001), il
compenso è fiscalmente deducibile, in capo all’impresa gestita, nel periodo
d’imposta della corresponsione, e rappresenta un reddito imponibile per
l’amministratore, nell’anno dell’effettiva percezione (c.d. principio di cassa ristretto). I
costi sostenuti per conto della s.r.l., ed alla stessa riaddebitati, rientrano nella nozione di fiscale di
“compenso”, anche qualora il professionista sia tenuto a considerare,
per presunzione di legge, tali oneri soltanto parzialmente deducibili (C.M. n. 58/E/2001). Conseguentemente,
secondo l’Agenzia delle Entrate, l’amministratore-professionista (avvocato,
dottore commercialista, ecc.) è tenuto a fatturare anche i rimborsi chilometrici, riconducibili
all’autovettura utilizzata nello svolgimento dell’attività professionale: tale
orientamento non è, tuttavia, condiviso dal Consiglio Nazionale dei Dottori
Commercialisti e degli Esperti Contabili (Circolare 12 maggio 2008, n. 1).
Diversamente, se l’amministratore è un lavoratore dipendente o un collaboratore
coordinato e continuativo dell’impresa gestita, l’onorario rileva, in sede
di determinazione del reddito della s.r.l., anche se corrisposto
successivamente alla chiusura del periodo d’imposta, ma non oltre il 12 gennaio
(C.M. n. 57/E/2001), a norma
dell’art. 51, co. 1, del Tuir, disciplinante il reddito maturato da tale
tipologia di amministratore (c.d. principio
di cassa allargato). A differenza del professionista, non è
configurabile il principio di attrazione nel reddito di lavoro autonomo: trova,
pertanto, applicazione l’art. 51, co. 5, del Tuir, per effetto del quale le
indennità percepite per le trasferte o missioni, al di fuori del territorio comunale, non concorrono alla formazione del reddito del lavoratore dipendente,
se non superano la soglia giornaliera di euro 46,48 (elevata ad euro 77,47 per
gli spostamenti all’estero), al netto delle spese di viaggio e trasporto. Le
indennità o i rimborsi di spese per le trasferte
nell'ambito del territorio comunale, tranne quelli riguardanti gli oneri
di trasporto comprovati da documenti provenienti dal vettore, concorrono a formare il reddito dell’amministratore-dipendente, anche se
ricevuti per l’utilizzo dell’auto propria o noleggiata (R.M. n. 232/E/2002). La nozione di “territorio comunale” non
coincide necessariamente con quello della sede della s.r.l., dovendo farsi
esclusivo riferimento al domicilio
fiscale dell’amministratore, salvo che dall’atto di nomina risulti
diversamente individuata la sede di lavoro (C.M. n. 7/E/2001). Se l’amministratore è autorizzato – non necessariamente per iscritto (C.M. n. 326/E/1997) – all’utilizzo di
un automezzo proprio, ovvero noleggiato, il rimborso delle spese non concorre a formare il reddito del dipendente,
purchè relative a trasferte al di fuori del territorio comunale.
Non rilevano, quindi, i limiti fissati dall’art. 95,
co. 3, del Tuir, ai fini della
deducibilità dei rimborsi in capo alla s.r.l.: (17 cavali fiscali,
elevati a 20 per i veicoli a motore diesel). In altri termini, a prescindere
dalla natura dell’autovettura utilizzata dall’amministratore, le spese
rimborsate – a causa di una trasferta al di fuori del territorio comunale –
sono escluse dal proprio reddito imponibile.
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