lunedì 25 giugno 2012

Compenso degli amministratori di s.r.l., profili giuridici e fiscali


di Sandro CERATO

La disciplina civilistica non prevede una specifica disposizione applicabile alle società a responsabilità limitata, con l’effetto che l’eventuale previsione del compenso è demandata all’autonomia statutaria. Non è, infatti, eccepibile una generale presunzione di onerosità dell’attività gestoria: si pensi, ad esempio, alle s.r.l. connotate – in base allo statuto, alla struttura societaria ed alla composizione dell’organo amministrativo – da un assetto tipicamente personalistico, in cui l’amministrazione è affidata, in via esclusiva, a tutti i soci.  Al ricorrere di questa ipotesi, non è dovuto un compenso per la funzione gestoria, in quanto da ritenersi ricompreso nella quota di partecipazione agli utili definita dall’atto costitutivo. In senso conforme, si riscontra anche la consolidata posizione della giurisprudenza di legittimità, secondo cui è efficace la previsione statutaria di gratuità dell’esercizio delle funzioni di amministratore: il principio dell’onerosità della carica è, infatti, stabilito per i sindaci – a norma degli artt. 2364, co. 1, n. 3, e 2402 c.c. – ma non per gli amministratori (Cass. n. 14640/2008). Con l’effetto che, qualora l’atto costitutivo riconosca esclusivamente un’indennità per lo svolgimento di particolari incarichi, l’amministratore matura il diritto al compenso soltanto se dimostra l’effettuazione di attività eccedenti i compiti propri del suo mandato, ovvero non riconducibili alla funzioni rappresentative e di spettanza (Cass. n. 7961/2009).
Le modalità ed i criteri di determinazione del compenso spettante agli amministratori devono essere stabiliti all’atto della nomina o dall’assemblea dei soci (applicazione analogica dell’art. 2389 c.c., previsto per le s.p.a.). In altri termini, il compenso deve essere espressamente deliberato, sulla base di una discussione consapevole, non essendo possibile invocare un’implicita decisione dei soci, in occasione dell’approvazione del bilancio: non è, infatti, sufficiente che la nota integrativa contenga la voce “compenso amministratori”, ed il relativo importo (Cass. n. 21933/2008). Diversamente, si violerebbero le norme imperative in materia di competenza degli organi sociali e di tutela dei diritti di informazione dei soci e dei terzi. In mancanza, l’amministratore può richiedere la liquidazione al tribunale, che provvede in via equitativa, sulla base di alcuni parametri oggettivi (Trib. Milano 30 giugno 2008):
     l’attività concretamente e specificamente svolta nell’adempimento dell’incarico;
     la durata del mandato;
     l’onorario riconosciuto ad altri amministratori, con riferimento a prestazioni analoghe.
Sotto il profilo fiscale, trova applicazione l’art. 95, co. 5, del D.P.R. n. 917/1986, in virtù del quale – in deroga al generale criterio di competenza, sul quale è fondata la determinazione del reddito d’impresa – il costo relativo al compenso dell’amministratore persona fisica è deducibile, da parte dell’impresa gestita, nel periodo d’imposta in cui lo stesso è effettivamente erogato (c.d. principio di cassa). Con l’effetto che, nel caso dell’amministratore “professionista” (C.M. n. 105/E/2001), il compenso è fiscalmente deducibile, in capo all’impresa gestita, nel periodo d’imposta della corresponsione, e rappresenta un reddito imponibile per l’amministratore, nell’anno dell’effettiva percezione (c.d. principio di cassa ristretto). I costi sostenuti per conto della s.r.l., ed alla stessa riaddebitati, rientrano nella nozione di fiscale di “compenso”, anche qualora il professionista sia tenuto a considerare, per presunzione di legge, tali oneri soltanto parzialmente deducibili (C.M. n. 58/E/2001). Conseguentemente, secondo l’Agenzia delle Entrate, l’amministratore-professionista (avvocato, dottore commercialista, ecc.) è tenuto a fatturare anche i rimborsi chilometrici, riconducibili all’autovettura utilizzata nello svolgimento dell’attività professionale: tale orientamento non è, tuttavia, condiviso dal Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili (Circolare 12 maggio 2008, n. 1).
Diversamente, se l’amministratore è un lavoratore dipendente o un collaboratore coordinato e continuativo dell’impresa gestita, l’onorario rileva, in sede di determinazione del reddito della s.r.l., anche se corrisposto successivamente alla chiusura del periodo d’imposta, ma non oltre il 12 gennaio (C.M. n. 57/E/2001), a norma dell’art. 51, co. 1, del Tuir, disciplinante il reddito maturato da tale tipologia di amministratore (c.d. principio di cassa allargato). A differenza del professionista, non è configurabile il principio di attrazione nel reddito di lavoro autonomo: trova, pertanto, applicazione l’art. 51, co. 5, del Tuir, per effetto del quale le indennità percepite per le trasferte o missioni, al di fuori del territorio comunale, non concorrono alla formazione del reddito del lavoratore dipendente, se non superano la soglia giornaliera di euro 46,48 (elevata ad euro 77,47 per gli spostamenti all’estero), al netto delle spese di viaggio e trasporto. Le indennità o i rimborsi di spese per le trasferte nell'ambito del territorio comunale, tranne quelli riguardanti gli oneri di trasporto comprovati da documenti provenienti dal vettore, concorrono a formare il reddito dell’amministratore-dipendente, anche se ricevuti per l’utilizzo dell’auto propria o noleggiata (R.M. n. 232/E/2002). La nozione di “territorio comunale” non coincide necessariamente con quello della sede della s.r.l., dovendo farsi esclusivo riferimento al domicilio fiscale dell’amministratore, salvo che dall’atto di nomina risulti diversamente individuata la sede di lavoro (C.M. n. 7/E/2001). Se l’amministratore è autorizzato – non necessariamente per iscritto (C.M. n. 326/E/1997) – all’utilizzo di un automezzo proprio, ovvero noleggiato, il rimborso delle spese non concorre a formare il reddito del dipendente, purchè relative a trasferte al di fuori del territorio comunale.
Non rilevano, quindi, i limiti fissati dall’art. 95, co. 3, del Tuir, ai fini della  deducibilità dei rimborsi in capo alla s.r.l.: (17 cavali fiscali, elevati a 20 per i veicoli a motore diesel). In altri termini, a prescindere dalla natura dell’autovettura utilizzata dall’amministratore, le spese rimborsate – a causa di una trasferta al di fuori del territorio comunale – sono escluse dal proprio reddito imponibile.

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