I funzionari dell’Amministrazione Finanziaria, nel corso della diretta Map dello scorso 31 maggio, hanno risposto ad alcuni quesiti in materia di aiuto alla crescita economica, con particolare riferimento alla rilevanza di utili e perdite civilistiche conseguiti da soggetti Ires. L’iniziativa ha, inoltre, costituito l’occasione per fornire, a cura degli esperti della dottrina, alcune osservazioni su tematiche di dubbia interpretazione.
In primo luogo, è stata
affrontata la questione degli effetti delle perdite civilistiche: la normativa
di riferimento (art. 1 del D.L. 6 dicembre 2011, n. 201, attuato dal D.M. 14
marzo 2012) individua come dato di partenza dei soggetti Ires – per il calcolo della
base Ace, da assoggettare al coefficiente di deduzione del 3,00% annuo – i
mezzi propri risultanti dal bilancio chiuso nell’esercizio in corso al 31
dicembre 2010, con espressa esclusione del solo utile, che può rilevare già
come incremento del 2011, qualora accantonato ad una riserva disponibile,
riportato a nuovo o destinato a copertura delle perdite pregresse. I
rappresentanti dell’Agenzia delle Entrate hanno confermato che il mancato
riferimento normativo al generico “risultato economico dell’esercizio”,
coerentemente con lo spirito della norma, induce a ritenere che la perdita
civilistica rilevi nel predetto dato iniziale, quale diminuzione dello stesso.
Un’altra problematica
esaminata ha riguardato la data di effetto della destinazione dell’utile 2011,
deliberato nel 2012, ad una riserva disponibile e, quindi, rilevante ai fini
Ace: i funzionari dell’Agenzia delle Entrate hanno semplicemente richiamato il
principio contenuto nell’art. 5, co. 4, del D.M. 14 marzo 2012, secondo cui gli
accantonamenti a riserva disponibile rilevano dall’inizio dell’esercizio in cui
la stessa è formata: in altri termini, deve essere considerato il primo giorno
del periodo amministrativo in cui l’assemblea ha deliberato il riporto a nuovo
degli utili, la destinazione a copertura di perdite oppure l’accantonamento a
riserva disponibile. Conseguentemente, nel caso di specie, è stato ritenuto che
l’utile dell’esercizio 2011 possa rilevare come incremento Ace soltanto dal
periodo d’imposta 2012 e, quindi, nel modello Unico 2013, a prescindere dallo
specifico mese dell’anno 2012 in cui è stata assunta la relativa delibera di
destinazione.
Per quanto concerne,
invece, il limite del patrimonio netto contabile di cui all’art. 11 del D.M. 14
marzo 2012, i funzionari dell’Amministrazione Finanziaria hanno precisato che,
coerentemente con la norma, deve essere assunto integralmente il dato
complessivo di bilancio, ai fini dell’individuazione della predetta soglia,
senza eccezioni: in altre parole, rileva anche la perdita d’esercizio, compresa
quella del periodo amministrativo 2010. Sul punto, si rammenta che, nel caso di
risultato economico positivo, nell’ambito della verifica di tale limite deve
essere considerato – secondo quanto riportato nelle istruzioni al modello Unico
2012 – Società di Capitali, così come modificate dal provvedimento del
Direttore dell’Agenzia delle Entrate del 18 maggio 2012 – l’utile d’esercizio “teorico”,
ovvero quello che sarebbe emerso se il contribuente non avesse applicato la
deduzione Ace.
Gli esperti del Map
hanno, invece, evidenziato i seguenti aspetti:
·
nel caso delle imprese
di nuova costituzione, che non dispongono del dato di partenza dei mezzi propri
del 2010, il patrimonio netto di conferimento – limitatamente alla parte
originatasi con apporti in denaro – rileva integralmente, non essendo
prospettabile, dall’interpretazione letterale della norma, l’applicabilità del c.d.
pro rata temporis espressamente
previsto per i conferimenti in denaro. Ad esempio, se la Alfa s.r.l. è stata
costituita il 1° aprile 2011 mediante conferimenti in denaro per euro 100.000,
ai fini Ace dovrebbe rilevare integralmente, ovvero per quest’ultimo importo, e
non limitatamente a quello desumibile dal criterio temporale (euro 100.000*9/12
= euro 75.000). Alle medesime conclusioni dovrebbe pervenirsi con riferimento
alle società, non espressamente contemplate dalla norma, costituite nel 2010,
che chiudono il primo esercizio nel 2011 e, quindi, non possono oggettivamente
disporre – come dato di partenza, per il calcolo della variazione patrimoniale
– dell’informazione dei mezzi propri del bilancio chiuso nell’esercizio in
corso al 31 dicembre 2010;
·
l’eccedenza di Ace,
ovvero la deduzione che non trova capienza nel reddito imponibile residuo (rigo
RN6 del modello Unico 2012), riportabile nel successivo periodo d’imposta e
cumulabile con quella che sarà ulteriormente maturata a partire dal 2012, non è
soggetta al limite del patrimonio netto, e neppure – nel caso di trasferimento
a seguito di operazioni di fusione o scissione – né a quelli di cui all’art.
172, co. 7, del Tuir (ad esempio, il c.d. test
di vitalità), a causa della mancanza di un’espressa norma di rinvio a tale
disposizione;
·
nel caso consolidato
fiscale nazionale, l’eventuale eccedenza non trasferita alla fiscal unit è
computata in aumento del rendimento nozionale del successivo periodo d’imposta
dalla singola società partecipante, ed è ammessa in deduzione secondo le
predette regole. A questo proposito, gli esperti del Map hanno sostenuto
l’irrilevanza tributaria di tali assegnazioni, a norma dell’art. 118, co. 4,
del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, secondo cui non concorrono alla formazione
del reddito imponibile le somme percepite in contropartita di vantaggi fiscali
ricevuti ed attribuiti: conseguentemente, non rilevano fiscalmente nemmeno le
remunerazioni ricevute dalle società partecipanti al consolidato fiscale
nazionale a fronte dei benefici fruiti dal gruppo per effetto del trasferimento
dell’eccedenza di Ace.
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