di Michele BANA
L’art. 13, co. 3, del D.L. n. 201/2011
stabilisce che l’Imu deve essere applicata al valore dell’immobile determinato
ai sensi dell’art. 5, co. 1, 3, 5 e 6, del D.Lgs. n. 504/1992 e dell’art. 13,
co. 4 e 5, del Decreto “Salva Italia”. A questo proposito, soccorrono anche
alcuni chiarimenti forniti dalla C.M. n.
3/DF/2012, in base alla natura dell’immobile oggetto del tributo:
·
fabbricati iscritti in
catasto;
·
fabbricati classificabili nel
gruppo catastale D;
·
aree fabbricabili;
·
terreni.
Fabbricati iscritti in
catasto
L’art. 13, co. 4, del D.L. n. 201/2011
stabilisce che, ai fini Imu, il valore dei fabbricati iscritti in catasto è
ottenuto applicando alla rendita catastale del 1° gennaio dell’anno di
imposizione – rivalutata del 5%, ai sensi dell’art. 3, co. 48, della Legge n.
662/1996 – i seguenti coefficienti di moltiplicazione:
·
160 per i fabbricati classificati nel gruppo catastale
A (ad eccezione degli A/10) e nelle categorie C/2, C/6 e C/7;
·
140 per i fabbricati compresi nel gruppo catastale B
e nelle categorie C/3, C/4 e C/5;
·
80 per i fabbricati qualificati come A/10 e D/5;
·
60 per i fabbricati inclusi nel gruppo catastale D,
ad esclusione dei D/5. Tale coefficiente è applicabile esclusivamente nel
periodo d’imposta 2012, in quanto – a decorrere dal 1° gennaio 2013 – sarà
elevato a 65;
·
55 per i fabbricati classificati nella categoria
catastale C/1.
È, tuttavia, prevista una riduzione del 50% della base imponibile,
qualora il fabbricato sia (art. 13, co. 3, del D.L. n. 201/2011):
·
di interesse storico od artistico di cui all’art. 10 del D.Lgs. n. 42/2004;
·
dichiarato inagibile od inabitabile e di fatto non utilizzato, limitatamente al periodo dell’anno durante il quale sussistono tali
condizioni. Sul punto, la C.M. n. 3/DF/2012 ha precisato che la norma richiede
che l’inagibilità o l’inabitabilità sia accertata dall’ufficio tecnico
comunale, con perizia a carico del proprietario, che allega idonea
documentazione alla dichiarazione: in alternativa, è ammessa la presentazione
di un atto sostitutivo, ai sensi del D.P.R. n. 445/2000.
Fabbricati classificabili nel
gruppo catastale D
L’art. 5, co. 3, del D.Lgs. n. 504/1992
stabilisce che nel caso di fabbricati classificabili nel gruppo catastale D,
non iscritti in catasto, interamente posseduti da imprese e distintamente
contabilizzati, il valore è determinato – fino all’anno nel quale gli stessi
non sono iscritti nel catasto, con attribuzione di rendita – alla data di
inizio di ciascun anno solare ovvero, se successiva, a quella di acquisizione, sulla base dell’ammontare risultante dalle
scritture contabili, al lordo delle quote di ammortamento, applicando i coefficienti aggiornati annualmente con
un Decreto del Ministero dell’economia. La C.M. n. 3/DF/2012 ha, inoltre,
esaminato una peculiare fattispecie contenuta nella medesima disposizione,
ovvero l’attivazione – da parte del locatore o locatario del contratto di
leasing – della procedura di cui al regolamento adottato con il D.M. n. 701/1994,
con conseguente determinazione del valore del fabbricato sulla base della
rendita proposta, a decorrere dal 1° gennaio dell’anno successivo a quello nel
corso del quale tale rendita è stata annotata negli atti catastali. In mancanza
di rendita proposta, il valore è determinato sulla base delle scritture
contabili del locatore, il quale è obbligato a fornire tempestivamente al
locatario tutti i dati necessari per il calcolo.
L’applicazione della norma ha, tuttavia,
posto dei dubbi interpretativi, poi risolti dalla Corte di Cassazione, con la
sentenza n. 3160 del 9 febbraio 2011, secondo cui il metodo di determinazione
della base imponibile collegato alla rappresentazione contabile è “valido fino a che la richiesta di
attribuzione della rendita non viene formulata dal contribuente: dal momento in
cui fa la richiesta egli, invece, pur applicando ormai in via precaria il
metodo contabile, diventa titolare di una situazione giuridica nuova derivante
dall’adesione al sistema generale della rendita catastale, sicché può avere il
dovere di pagare una somma maggiore (ove intervenga un accertamento in tal
senso) o può avere il diritto a pagare una somma minore ed a chiedere il
relativo rimborso nei termini di legge”. Pertanto, nonostante l’indubbia
influenza del tenore testuale della norma, il momento che segna il passaggio
dal metodo di determinazione della base imponibile fondato sui valori contabili
al criterio di catastale è quello della domanda di attribuzione della rendita
mediante l’esperimento della procedura di cui al D.M. n. 701/1994.
Aree fabbricabili
A norma dell’art. 5, co. 5, del D.Lgs. n.
504/1992, la base imponibile è costituita dal valore venale in comune commercio al 1° gennaio dell’anno di
imposizione, comprensivo della considerazione dei seguenti elementi:
·
zona territoriale di ubicazione;
·
indice di edificabilità;
·
destinazione d’uso
consentita;
·
oneri per eventuali lavori di
adattamento del terreno necessari per la costruzione;
·
prezzi medi rilevati sul
mercato dalla vendita di aree aventi caratteristiche analoghe.
In caso di utilizzazione edificatoria
dell’area, demolizione di fabbricati ed interventi di recupero di cui all’art.
31, co. 1, lett. c), d) ed e), della Legge 5 agosto 1978, n. 457, la base
imponibile è costituita dal valore dell’area, la quale è considerata
fabbricabile, senza computare il valore del fabbricato in corso d’opera, fino
alla data di ultimazione dei lavori di costruzione, ricostruzione o
ristrutturazione ovvero, se antecedente, sino al momento in cui il fabbricato
costruito, ricostruito o ristrutturato è comunque utilizzato (art. 5, co. 6,
del D.Lgs. n. 504/1992).
Terreni
L’art.
13, co. 5, del D.L. n. 201/2011 stabilisce che il valore dei terreni agricoli –
nonché di quelli non coltivati, posseduti e condotti da coltivatori diretti ed
imprenditori agricoli professionali iscritti nella previdenza agricola – è
rappresentato da quello ottenuto applicando il coefficiente moltiplicativo
di 110 all’ammontare del reddito dominicale risultante in catasto,
vigente al 1° gennaio dell’anno di imposizione, rivalutato del 25,00% (art. 3,
co. 51, della Legge n. 662/1996). Nel caso di terreni agricoli diversi dai
predetti, il coefficiente è elevato a 135.
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