lunedì 24 settembre 2012

Beni concessi in godimento ai soci: ulteriori chiarimenti dell’Agenzia delle Entrate

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di Sandro CERATO

Con la C.M. n. 36/E/2012, emanata nel tardo pomeriggio di ieri, l’Amministrazione finanziaria ha fornito alcune nuove precisazioni in relazione alla fattispecie dell’utilizzo dei beni d’impresa da parte dei soci, tornando su qualche questione già in precedenza affrontata nella C.M. n. 24/E/2012. Come noto, l’art. 2, co. da 36-terdecies a 36-duodevicies, del D.L. n. 138/2011 prevede che in caso di concessione di beni d’impresa in godimento ai soci o familiari, l’eventuale differenza tra valore di mercato del diritto di godimento del bene stesso e l’eventuale corrispettivo pagato dal socio utilizzatore costituisce reddito diverso (nuova lett. h-ter dell’art. 67 del Tuir, mentre in capo al soggetto concedente (società o impresa) si realizza l’indeducibilità di tutti i costi (quote di ammortamento se il bene è detenuto in proprietà, canoni di locazione qualora sia posseduto in locazione, anche finanziaria, spese di gestione, ecc.).
Il primo chiarimento fornito con la C.M. n. 36/E/2012 riguarda la documentazione relativa ai beni concessi in utilizzo ai soci, in cui prevedere gli elementi essenziali del rapporto tra società e socio, quali il corrispettivo pattuito per il godimento e la durata dell’utilizzo stesso, che – in base a quanto precisato dall’Agenzia nella precedente C.M. n. 24/E/2012 – è necessario abbia data certa anteriore all’inizio dell’utilizzazione da parte del socio assegnatario. Tale affermazione aveva suscitato non poche perplessità, soprattutto legate al fatto che la precisazione fosse contenuta in un atto emanato il 15 giugno scorso, laddove molte società avevano già provveduto a documentare l’utilizzo del bene da parte del socio con elementi probatori di varia natura, e difficilmente dotata di data certa. Ora, nella C.M. n. 36/E/2012, l’Agenzia conferma la validità di quanto affermato nella C.M. n. 24/E, chiarendo, tuttavia, che “in assenza della predetta documentazione il contribuente può, comunque, diversamente dimostrare quali sono gli elementi essenziali dell’accordo”, senza, però, indicare quali caratteristiche debba avere tale documentazione, lasciando, quindi, aperta la questione.



La seconda questione attiene i beni concessi in godimento a soci di società trasparenti, ovvero goduti da parte dell’imprenditore stesso: a questo proposito, la C.M. n. 24/E/2012 aveva stabilito che “il maggior reddito della società derivante dall’indeducibilità dei costi andrà imputato esclusivamente ai soci utilizzatori (anche nell’ipotesi in cui il bene sia utilizzato dai loro familiari)”. Relativamente alla portata applicativa di tale affermazione, la dottrina ha criticato la stessa in quanto passibile di portare ad una doppia tassazione in capo al socio (intero maggior reddito di partecipazione derivante dalla variazione in aumento operata dalla società e reddito diverso per la differenza tra valore normale e corrispettivo). Sul punto, la C.M. n. 36/E/2012 ha osservato che per evitare tale doppia tassazione il reddito diverso da assoggettare a tassazione è pari alla differenza che risulta tra i seguenti due elementi:
·    eccedenza del valore normale del diritto di godimento del bene rispetto al corrispettivo pagato dall’utilizzatore;
·    reddito d’impresa attribuito all’utilizzatore stesso (imprenditore o socio) a seguito dell’indeducibilità dei costi in capo alla società o impresa.

Esempio (C.M. n. 36/E/2012)
(A) valore normale del diritto di godimento: 10.000
(B) corrispettivo pagato dal socio: 5.500
(C) Differenza (A – B): 10.000 – 5.500 = 4.500
(D) Maggior reddito d’impresa (da imputare al socio e pari ai costi indeducibili): 2.000
(E) Reddito diverso da imputare al socio (C – D): 4.500 – 2.000 = 2.500

Nell’ipotesi in cui il bene concesso in godimento sia a deducibilità limitata, per effetto di norme del Tuir (ad esempio, un’autovettura il cui costo fiscalmente ammesso rileva per il 40%, sino al periodo d’imposta in corso al 18 luglio 2012, e del 27,50% a partire dal successivo), la C.M. n. 36/E/2012 dispone che per determinare il reddito diverso da assoggettare a tassazione è necessario confrontare i due seguenti importi:
·    il valore normale del diritto di godimento del bene – rappresentato dal c.d. fringe benefit, determinato ai sensi dell’art. 51, co. 4, del D.P.R. n. 917/1986 – al netto del corrispettivo eventualmente pagato;
·    il maggior reddito derivante dalla ripresa a tassazione dei costi indeducibili dell’autovettura, ex art. 164 del Tuir, imputato a tutti i soci, a prescindere da chi utilizza effettivamente il veicolo.


Esempio (C.M. 36/E/2012): società composta da due soci al 50%
(A) valore normale del diritto di godimento: 800
(B) corrispettivo pagato dal socio: zero
(C) Differenza (A – B): 800 – zero = 800
(D) Maggior reddito d’impresa (da imputare in proporzione ai soci): 600 (60% di 1.000 di costi sostenuti dalla società)
(E) Reddito diverso da imputare al socio: 800 – 300 (pari al 50% della ripresa a tassazione in capo alla società) = 500

L’ultimo chiarimento fornito dall’Agenzia riguarda, infine, i beni per i quali il D.P.R. n. 917/1986 garantisce l’integrale deducibilità dei costi, anche quando gli stessi, per loro natura, si prestano ad un uso promiscuo, come ad esempio i taxi (che la disciplina in materia prevede la possibilità di utilizzare anche per scopi privati). In tal caso, precisa la C.M. n. 36/E/2012, le disposizioni del D.L. n. 138/2011 non trovano applicazione, con conseguente applicazione dell’art. 164 del Tuir, che stabilisce la piena deducibilità di tutti i costi relativi a tali beni. Sul punto, si ritiene che alla medesima conclusione si debba pervenire anche per le altre fattispecie di deducibilità integrale stabilite dalla medesima norma, ossia laddove i veicoli costituiscano oggetto proprio dell’attività d’impresa (rivenditori e concessionari d’auto, imprese di noleggio, autoscuole, ecc.).

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