di Michele BANA
La nuova disciplina di utilizzabilità dei
risultati fiscali negativi delle società di capitali (art. 84 del D.P.R.. n.
917/1986), introdotta dal D.L. n. 98/2011, incide anche sulle regole
applicabili alle imprese interessate da una causa di scioglimento, soggette
all’operatività dell’art. 182, co. 3,
del Tuir: “le perdite di esercizio
anteriori all'inizio della liquidazione non compensate nel corso di questa ai
sensi dell'articolo 84 sono ammesse in diminuzione in sede di conguaglio".
Ciò induce a ritenere che la novità normativa esplichi i propri effetti anche
in sede di scomputo dei redditi
eventualmente conseguiti nei periodi intermedi della liquidazione sotto un
duplice profilo:
· da un lato, essendo stato eliminato il limite del quinquennio, viene
meno la problematica della corretta individuazione di tale orizzonte temporale
in corso di liquidazione conseguente all’unicità, a certe condizioni, del
periodo della stessa liquidazione;
· dall'altro, occorre tener conto della nuova soglia di utilizzo della
perdita in misura pari all'80,00% del reddito, nel senso che le perdite di
esercizio anteriori all'inizio della liquidazione possono essere utilizzate a
scomputo dei redditi eventualmente conseguiti nei periodi intermedi della
liquidazione entro il predetto limite. Quest’ultimo, ad avviso dell’Istituto di
Ricerca dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili (Circolare n. 24/IR/2011), non dovrebbe
trovare applicazione in sede di conguaglio finale, in quanto si avrebbe una “definitività” della parziale deducibilità
della perdita, che non avrebbe alcuna giustificazione e determinerebbe una
violazione del principio di uguaglianza rispetto ai soggetti non interessati da
una causa di scioglimento.
La disciplina speciale di
determinazione del reddito, ovvero di utilizzo delle perdite, delle società in
liquidazione ha, inoltre, formato oggetto della R.M. n. 66/E/2010, con peculiare riferimento agli adempimenti dichiarativi, disciplinati
dall’art. 5, co. 1 e 3, del D.P.R. n. 322/1998. Sul punto, si rammenta che –
nel caso in cui la procedura venga ultimata entro l’esercizio in corso alla
data di apertura della stessa – il liquidatore è tenuto a presentare, in via
telematica, la dichiarazione dei redditi relativa al:
· periodo compreso tra l’inizio dell’anno d’imposta ed il giorno in cui
ha avuto effetto la delibera di messa in liquidazione, entro l’ultimo giorno
del nono mese successivo a quest’ultima data;
· risultato finale delle operazioni di liquidazione, entro i nove mesi
successivi alla chiusura della liquidazione stessa oppure, se prescritto, al
deposito del bilancio finale.
Diversamente, se la
liquidazione si protrae oltre il periodo d’imposta in corso all’avvio della
medesima, deve essere presentata la dichiarazione dei redditi della frazione
residua di tale periodo d’imposta – ovvero dalla data della suddetta delibera a
quella di chiusura del medesimo esercizio – ed una per “ogni successivo periodo
d’imposta”. Con riferimento a quest’ultimo aspetto, il citato documento di
prassi ha precisato che non deve
riguardare la frazione dell’esercizio di conclusione della liquidazione:
l’Agenzia delle Entrate ritiene, infatti, che, laddove il legislatore si è
preoccupato di prevedere un’autonoma determinazione del reddito, ancorchè
provvisoria, con conseguenti obblighi dichiarativi e liquidatori ai fini Ires,
lo abbia fatto con riguardo ai soli esercizi provvisori conclusi, antecedenti
quello nel corso del quale la liquidazione ha termine. Il reddito prodotto
nella frazione di periodo che precede la chiusura della procedura è, infatti,
assorbito dal risultato che emerge dal bilancio finale di liquidazione e,
conseguentemente, anche l’imposta ad esso relativa va liquidata sulla base del
risultato conclusivo, tenendo conto anche delle eventuali poste di conguaglio.
Qualora dovesse emergere un saldo debitorio, il contribuente è tenuto ad
effettuare – a norma dell’art. 7 del D.P.R. n. 435/2001 – il relativo
versamento, entro il 16 del sesto mese successivo a quello di chiusura del
periodo d’imposta.
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