di Sandro CERATO
La recente Legge
di riforma del mercato del lavoro (cd. riforma “Fornero”), varata con L.
28.6.2012, n. 92, contiene importanti novità in materia di deduzione dei
costi sostenuti per l’acquisto e l’utilizzo di veicoli aziendali.
Tecnicamente, il legislatore è intervenuto modificando il contenuto dell’art.
164 del TUIR, stabilendo che, a partire dal periodo d’imposta 2013:
· la deduzione dei
costi relativi ai veicoli ad uso promiscuo, di cui alla lett. b), del co. 1, è
stabilita nella misura del 27,5% (e non più del 40%), fermi restando i limiti
massimi di costo fiscalmente riconosciuto (variabili in funzione della
tipologia di veicolo);
· la deduzione dei
costi relativi ai veicoli concessi in uso promiscuo al dipendente per la
maggior parte del periodo d’imposta, di cui alla lett. b-bis) dello stesso co.
1, è stabilita in misura pari al 70% (e non più al 90%), evidenziando che in
tale ipotesi non vi sono tetti massimi di costo per la deduzione degli
ammortamenti o dei canoni di locazione, anche finanziaria.
Ricordando che
nulla è mutato per quanto riguarda l’utilizzo dei veicoli da parte di agenti e
rappresentanti di commercio, per i quali la percentuale di deduzione è rimasta inalterata
nella misura dell’80% (entro un determinato limite massimo di costo, anche in
tal caso variabile in funzione della tipologia di veicolo), così come per
quanto concerne la detrazione dell’Iva sull’acquisto del bene e sulle spese di
gestione, che rimane ferma al 40%, in questa sede si intende focalizzare
l’attenzione sulla fattispecie di concessione in uso del veicolo
all’amministratore della società.
A tale proposito,
è bene ricordare che, nonostante l’amministratore di società, nella maggior
parte dei casi, percepisca un compenso ricondotto fiscalmente nella categoria
dei redditi assimilati al lavoro dipendente, l’Agenzia delle Entrate (C.M. n.
48/1998 e C.M. n. 105/2001) ha sempre sostenuto che la deducibilità dei costi
relativi alle autovetture concesse in uso promiscuo a tali soggetti non rientra
nella fattispecie di cui alla lett. b-bis) dell’art. 164 del TUIR, riservata
esclusivamente alla concessione in uso al dipendente, inteso in senso stretto,
e quindi nell’accezione civilistica del termine.
Tuttavia, poiché
anche in capo all’amministratore di società si genera un reddito in natura per
l’utilizzo dell’auto aziendale anche per scopi personali (uso promiscuo,
appunto), l’Agenzia delle Entrate (C.M. n. 1/2007), ha precisato che fino a
concorrenza dell’importo di tale fringe benefit tassato in capo
all’amministratore, alla società concedente spetta la deduzione integrale dei
costi sostenuti per l’automezzo, mentre per l’importo eccedente il predetto
benefit la deduzione viene effettuata in misura pari al 40% (27,5% a partire
dal 2013).
Relativamente
alla quantificazione del benefit, è possibile applicare lo stesso
criterio previsto per i dipendenti in relazione alle fattispecie in cui il
reddito degli amministratori è assimilato al lavoro dipendente (30% della
percorrenza convenzionale annua di 15.000 km, in base alla tariffe Aci), mentre
laddove la carica di amministratore sia ricoperta da un soggetto per il quale
tale attività rientra in quella tipicamente svolta in qualità di lavoratore
autonomo (ad esempio, il dottore commercialista), secondo l’Agenzia non è
possibile applicare il predetto criterio forfettario. In tal caso, infatti, il
reddito in natura in capo all’amministratore-professionista è pari al valore
normale dell’utilizzo dell’autovettura, mentre l’eventuale eccedenza di costi è
deducibile nella misura del 40% (27,5% dal 2013).
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