giovedì 27 settembre 2012

Autovetture concesse in godimento ai soci: doppia tassazione?


di Sandro CERATO

Come abbiamo avuto modo di evidenziare in un precedente commento, la recente C.M. n. 36/E/2012, ha fornito interessanti chiarimenti in merito alla disciplina dei beni concessi in godimento ai soci e familiari di cui all’art. 2, co. da 36-terdecies a 36-duodevicies, del D.L. n. 138/2011. In questo intervento si intende focalizzare l’attenzione sulla fattispecie, alquanto frequente, dell’utilizzo (anche per scopi personali) dell’autovettura della società da parte del socio.
Secondo l’Agenzia delle Entrate, anche riprendendo i contenuti della precedente C.M. n. 24/E/2012, in tal caso, si realizzano le seguenti conseguenze fiscali:
·    per la società concedente, i costi relativi al bene sono indeducibili non secondo quanto stabilito dal co. 36-quaterdecies dell’art. 2 del D.L. n. 138/2011 (che sancisce la totale indeducibilità degli stessi, salvo verificare la proporzionalità con il reddito diverso del socio), bensì secondo le disposizioni in “deroga” previste dall’art. 164 del D.P.R. n. 917/1986 (e, quindi, nella maggiore parte dei casi nella misura del 40%, che come noto si abbasserà al 27,5% a partire dal 2013);
·    in capo al socio utilizzatore (che non sia nel contempo dipendente della società, o lavoratore autonomo), il reddito diverso è determinato in base alla differenza tra valore di mercato del diritto di godimento del bene, determinabile nel caso di specie con i criteri di cui all’art. 51, co. 4, del Tuir (benefit “convenzionale” pari al 30% di 15.000 km annui in base ai costi chilometrici desumibili dalle tariffe Aci), ed il corrispettivo eventualmente pagato dal socio alla società.
Stabilita tale regola “generale”, l’Agenzia delle Entrate affronta l’ipotesi in cui il soggetto concedente sia una società “trasparente” (società di persone o società a responsabilità limitata che ha optato ex art. 116 del TUIR), nel qual caso, per effetto della predetta trasparenza si verrebbe a creare una doppia tassazione in capo al socio assegnatario, in quanto sullo stesso ricade sia il maggior reddito d’impresa (pro quota) derivante dalla ripresa a tassazione dei costi indeducibili ai sensi dell’art. 164 del TUIR, sia il reddito diverso determinato come detto in precedenza.
Sul punto, la C.M. n. 36/E/2012, al fine di “correggere” tale stortura, prevede che il reddito diverso debba essere diminuito della quota di maggior reddito di partecipazione (pari al maggiore reddito della società attribuito pro-quota al socio in funzione della propria quota di partecipazione) riveniente dalla variazione in aumento eseguita dalla società relativamente ai costi dell’autovettura.
Sul punto, prendendo atto della posizione dell’Amministrazione finanziaria, è possibile formulare alcune osservazioni:
·    in primo luogo, si ritiene che l’impostazione adottata dall’Agenzia delle Entrate sia viziata sin dall’origine, poiché la deduzione forfetaria sancita dall’art. 164 del D.P.R. n. 917/1986 è funzionale a predeterminare un utilizzo anche extra aziendale del bene, che non può quindi trovare un’ulteriore imposizione in capo al socio utilizzatore;
·    in secondo luogo, l’impegno sia pure apprezzabile dell’Amministrazione finanziaria di “mitigare” la doppia imposizione in capo ai soci di società trasparenti non risolve del tutto al questione, in quanto una sorta di doppia imposizione si realizza anche in capo alle società non trasparenti, che in relazione allo stesso presupposto, ossia la concessione in godimento di un veicolo aziendale, subiscono una doppia penalizzazione, sia in capo alla società concedente (maggior reddito d’impresa), sia in capo al socio assegnatario (reddito diverso);
·    infine, è bene evidenziare che nell’ipotesi in cui il socio di società trasparente corrisponda alla società concedente il veicolo aziendale un corrispettivo pari al valore normale determinato con i criteri previsti dall’art. 51, co. 4, del Tuir, non si realizza in capo a tale soggetto alcun reddito diverso, mentre resta ferma la penalizzazione in capo alla società, la quale deve comunque applicare le limitazioni sancite dall’art. 164 del D.P.R. n. 917/1986, in quanto trattasi di disposizione, come sostenuto dall’Agenzia, delle Entrate che deroga alla regola ordinaria prevista dalle disposizioni del D.L. n. 138/2011. Al contrario, laddove si tratti di un bene per il quale non vi sono limitazioni alla deduzione “presuntive” da parte del Tuir, in caso di pagamento da parte del socio assegnatario di un corrispettivo pari al valore di mercato del diritto di godimento del bene, di ciò ne beneficerebbe anche la società in quanto può portare in deduzione i costi nei modi ordinari.
Come si può desumere da queste semplici considerazioni, il “cerchio non si chiude”, auspicando una revisione della disciplina in esame, al fine di riportarla nell’alveo naturale e di evitare maggiori adempimenti in capo alle imprese ed ai loro professionisti.

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