mercoledì 7 novembre 2012

Patti parasociali delle s.p.a., disciplina civilistica estesa solo a s.a.p.a. e cooperative

di Michele BANA

Il patto parasociale rappresenta un accordo tra i soci – anche successivo alla costituzione della partecipata – diretto a regolare specifici rapporti o diritti che potrebbero derivare dall’atto costitutivo o dallo statuto, oppure porre determinati obblighi nei confronti di alcuni soggetti. All’intesa possono partecipate anche “non soci”, purchè riguardi l’esercizio di diritti, facoltà o poteri dei soci (Cass. n. 15963/2010), come il creditore pignoratizio, il custode giudiziario o l’usufruttuario: in ogni caso, l’accordo non è suscettibile di produrre effetti rispetto alla società ed ai terzi, rilevando esclusivamente nei rapporti interni tra i soggetti aderenti (Trib. Milano 19 aprile 2010).
La disciplina civilistica dei patti parasociali è contenuta negli artt. 2341-bis e 2341-ter c.c., nell’ambito della normativa riguardante le s.p.a. differenti da quelle appartenenti ad un gruppo (art. 26, co. 2, del D.Lgs. n. 127/1991), finanziarie – art. 23, co. 1, del D.Lgs. n. 385/1993 – o quotate. In particolare, l’art. 2341-bis, co. 1, c.c. stabilisce le caratteristiche di tali strumenti:
·    hanno per oggetto l’esercizio del diritto di voto nella partecipata, oppure in proprie controllanti (c.d. sindacato di voto o di organizzazione delle decisioni);
·   pongono dei limiti al trasferimento delle relative partecipazioni delle controllanti (c.d. sindacato di blocco);
·  determinano l’effetto della disponibilità, anche congiunta, dell’influenza dominante sulla società interessata (c.d. sindacato di gestione). L’adesione a tale tipologia di patto da parte degli amministratori può, tuttavia, costituire una giusta causa di revoca, se la partecipazione all’accordo comporta il vincolo di svolgere i propri compiti gestori in conformità a quanto deciso dai partecipanti al patto (Cass. n. 8221/2012), generando un sostanziale conflitto d’interessi, suscettibile di ledere il necessario rapporto fiduciario sul quale deve fondarsi il mandato conferito dalla società amministrata;
·    non possono avere durata superiore ai 5 anni – rinnovabili alla scadenza, ma non tacitamente (diversamente, il patto si considera contratto a tempo indeterminato) –  e si intendono stipulati per questo periodo massimo anche se le parti hanno stabilito un termine maggiore.
Il successivo co. 2 disciplina, inoltre, il caso di mancata previsione della durata, per effetto della quale – ferma restando la validità del patto (Cass. n. 6898/2010) – è riconosciuto a ciascun contraente il diritto di recesso, con un preavviso di almeno 180 giorni. Sul punto, la giurisprudenza di merito ha osservato che l’attribuzione di tale facoltà deve essere considerata come un principio generale dell’ordinamento, in funzione di limite ad una durata indefinita del vincolo, e quale espressione di manifesto disfavore, segnalato dalla coerente pluralità di dati normativi, nei confronti di esso: un potere che, in quanto tale, appare suscettibile di trovare riconoscimento ed applicazione anche in schemi contrattuali atipici, quali sono i patti di sindacato, ponendosi chiaramente anche in essi, a fronte della previsione di una durata indeterminata, l’esigenza di tutela dei valori essenziali sia di libera determinazione del soggetto, sia di circolazione delle risorse economiche (Trib. Milano n. 747/2009).
I predetti criteri non sono, tuttavia, applicabili ai patti strumentali ad accordi di collaborazione nella produzione o nella scambio di beni o servizi, e relativi a società interamente possedute dai partecipanti all’accordo.
L’art. 2341-ter c.c. disciplina, invece, il regime di pubblicità dei patti parasociali previsto per le s.p.a. che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio di cui all’art. 2325-bis, co. 1, c.c.: l’accordo deve essere comunicato alla partecipata, e dichiarato in apertura di ogni assemblea, con relativa trascrizione del verbale, da depositarsi – a cura del segretario dell’adunanza o, nel caso di assemblea straordinaria, del notaio – per l’iscrizione presso il registro delle imprese. In mancanza, i possessori di partecipazioni cui si riferisce il patto parasociale non possono esercitare il diritto di voto, e le deliberazioni assunte con il loro voto determinante sono impugnabili a norma dell’art. 2477 del codice civile.
La suddetta disciplina civilistica è applicabile anche alle s.a.p.a. ed alle società cooperative che applicano le disposizioni delle s.p.a., per espresso rinvio normativo (artt. 2454 e 2519, co. 1, c.c.), ma non alle s.r.l. ed alle società di persone, le quali possono comunque essere interessate dai patti parasociali, che non trovano però regolamentazione negli artt. 2341-bis e 2341-ter c.c., come precisato nella reazione al D.Lgs. n. 6/2003, bensì nei principi generali: in senso conforme, si riscontra anche l’orientamento della giurisprudenza di legittimità (Cass. n. 6703/2010).

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