di Sandro CERATO
L’Agenzia delle Entrate, con la C.M. 15.6.2012, n. 24/E, ha fornito i primi interessanti chiarimenti in merito all’applicazione delle disposizioni di cui all’art. 2, co. da 36-terdecies a 36-duodevicies, del D.L. 138/2011, secondo cui in caso di assegnazione in godimento ai soci, o familiari dei soci o dell’imprenditore, di beni aziendali, verso un corrispettivo inferiore al valore normale, si producono le seguenti conseguenze:
- tassazione, quale reddito diverso in capo al socio o familiare, persona fisica, della differenza tra il valore normale del diritto di godimento del bene ed il corrispettivo (eventualmente) pagato dall’utilizzatore;
- indeducibilità in capo alla società o all’impresa che assegna il bene, di tutti i costi relativi al bene.
In merito a tale ultimo aspetto, l’Agenzia ritiene che l’indeducibilità riguardi non solo i costi sostenuti per l’acquisto del bene, ovvero i canoni di locazione, ma anche le altre spese sostenute per la detenzione del bene stesso, quali i costi di manutenzione ordinaria straordinaria, le spese di gestione e tutte le altre spese connesse. Tuttavia, in deroga a quanto detto, la C.M. n. 24/E conferma una posizione che già in dottrina era stata più volte sostenuta sin dalla nascita della disposizione in questione, ossia che l’indeducibilità in capo alla società o impresa che assegna il bene non si applica in tutte quelle ipotesi in cui il TUIR prevede già una limitazione alla deducibilità dei costi. Esempio tipico, ricordato dall’Agenzia, è quello riferito agli autoveicoli di cui all’art. 164 del TUIR (lo stesso, tuttavia, può dirsi per la telefonia), che sancisce come noto una deduzione limitata di tutti i costi (ammortamento, leasing, noleggio e spese di impiego) del 40% o dell’80% a seconda del soggetto utilizzatore. In tali ipotesi, infatti, il legislatore ha già “messo in conto” un utilizzo anche privato (e quindi non inerente allo svolgimento dell’attività) per questi beni, e per evitare discussioni sulla quota di utilizzo aziendale o privato degli stessi ha forfetizzato la quota deducibile.
Se la posizione espressa dall’Agenzia, come detto, non fa altro che confermare quanto già anticipato e sostenuto dalla dottrina, particolare stupore ha suscitato la successiva affermazione contenuta nella C.M. n. 24/E, in merito all’applicazione dell’art. 67, co. 1, lett. h-ter), sulla tassazione in capo al socio o familiare utilizzatore del bene, per la differenza tra valore normale e corrispettivo pagato, secondo cui la predetta tassazione si applica in ogni caso, “a prescindere dalla circostanza che il bene sia assoggettato ad un regime di limitazione della deducibilità prevista nell’ambito del TUIR in capo al soggetto concedente”. In altre parole, secondo l’Agenzia, per i beni a deducibilità limitata, la disapplicazione della disciplina in esame opererebbe solamente per evitare l’indeducibilità assoluta dei costi in capo all’impresa, ma non anche per tassare il socio o familiare utilizzatore del bene.
Tale presa di posizione, a parere di chi scrive, è criticabile, atteso che, se da un lato appare corretto tassare in capo al socio o familiare il bene utilizzato per scopi personali, in quanto non sussiste il requisito dell’inerenza, dall’altro è altrettanto vero che se nell’ambito del TUIR vi sono disposizioni che già limitano la deduzione, ciò significa che quel bene (legittimamente) è già utilizzato anche per scopi non inerenti all’attività d’impresa, e la quota di utilizzo privato è già stata “incorporata” in termini di minore deducibilità dei relativi costi in capo all’impresa. Ora, sostenere che alla deduzione limitata si affianca anche una tassazione in capo all’utilizzatore, significa introdurre una fattispecie di doppia tassazione, vietata dal nostro ordinamento tributario. Sarebbe pertanto corretto ipotizzare due fattispecie:
- beni assegnati ai soci o familiari, che non presentano limitazioni alla deduzione dei relativi costi: in tale caso, trattandosi di beni utilizzato per scopi non inerenti all’attività propria dell’impresa, i costi sono interamente indeducibili ed in capo all’assegnatario si realizza un reddito diverso pari alla differenza tra valore normale e corrispettivo eventualmente pagato dall’utilizzatore (non si realizza alcuna fattispecie di doppia tassazione, poiché il bene è “estraneo” all’impresa in quanto utilizzato solo dal socio);
- beni assegnati ai soci o familiari, per i quali sussistono norme del TUIR che (pre)determinano la quota di costi deducibili: in tal caso, posto che lo steso legislatore tiene conto che trattasi di beni che sono utilizzati anche per fini privati, ha tenuto conto di ciò nella determinazione della quota deducibile, ragion per cui non appare giustificata la tassazione in capo al soggetto utilizzatore, in quanto già “incorporata” nella percentuale indeducibile per la società o impresa.
Resta fermo, precisa l’Agenzia, che la disposizioni di cui all’art. 67, co. 1, lett. h-ter), del TUIR, “non trova applicazione, invece, quando il soggetto utilizzatore sia al contempo dipendente della società o dell’impresa individuale, ovvero, sia lavoratore autonomo, in quanto, in queste ipotesi l’utilizzatore è assoggettato alla disciplina di tassazione prevista dagli articoli 51 e 54 del TUIR”.
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