martedì 10 luglio 2012

Il finanziamento soci delle s.r.l., tra postergazione e presunzioni fiscali


di Sandro CERATO

Il finanziamento dei soci nelle s.r.l. è disciplinato dall’art. 2467 c.c., secondo cui:
il rimborso è postergato rispetto alla soddisfazione degli altri creditori sociali e, se avvenuto nell’anno precedente la dichiarazione di fallimento, deve essere restituito;
il criterio di cui al precedente punto opera nei confronti dei finanziamenti effettuati, in qualsiasi forma, dai componenti la compagine sociale, in uno dei seguenti contesti:
     in un momento in cui, anche in considerazione del particolare tipo di attività esercitata dalla partecipata, risultava un indebitamento eccessivo, se rapportato al patrimonio netto;
     in una situazione finanziaria nella quale sarebbe stato ragionevole eseguire un conferimento, anziché un mero finanziamento.
La verifica della sussistenza di una delle predette condizioni deve essere effettuata in base alla situazione patrimoniale della s.r.l. al momento della concessione del finanziamento (Trib. Milano, 24 aprile 2007). In virtù del richiamo operato dall’art. 2497-quinquies c.c., l’art. 2467 c.c. trova applicazione anche nei confronti dei finanziamenti effettuati a beneficio della s.r.l. da chi esercita l’attività di direzione e coordinamento, ovvero da altri soggetti ad esso sottoposti.
Il principio di postergazione opera nei confronti di tutti i finanziamenti dei soci alla s.r.l., indipendentemente dalla specifica forma di concessione: ad esempio, il mutuo, la dilazione di pagamento, l’apertura di credito, la locazione finanziaria, il factoring e l’acquisto di crediti sociali alla clausola pro solvendo.
Il predetto principio civilistico di postergazione (artt. 2467 e 2497-quinquies c.c.) è, tuttavia, implicitamente derogato dall’art. 182-quater della Legge Fallimentare, introdotto dall’art. 48, co. 1, del D.L. n. 78/2010: la disposizione, al co. 3, riconosce, infatti, la qualificazione di credito prededucibile all’80,00% dei finanziamenti dei soci erogati – ad una s.r.l. partecipata, poi, dichiarata fallita – appositamente per consentire l’esecuzione di un concordato preventivo oppure di un accordo di ristrutturazione dei debiti.
Sotto il profilo fiscale, i finanziamenti dei soci alla s.r.l. si considerano concessi a mutuo, se dal bilancio non risulta un diverso titolo sottostante al versamento (art. 46, co. 1, del D.P.R. n. 917/1986), con effetto sulla disciplina dei correlati interessi, a norma dell’art. 45, co. 2, del Tuir:
si presumono percepiti alle scadenze e nella misura pattuite per iscritto, salvo prova contraria, ad esempio dimostrando che il credito è stato concesso in base ad un atto tra le parti (delibera assembleare, scrittura privata, scambio di corrispondenza, ecc.), senza la previsione della corresponsione di un provento;
in mancanza, si presumono riscossi per l’ammontare maturato nel periodo d’imposta, ed in base al tasso legale.
L’erogazione del finanziamento, da parte del socio, è altresì soggetta all’imposta di registro, in misura differenziata, a seconda della tipologia di atto sottostante:
proporzionale (3,00%), in presenza di una scrittura privata, ai sensi dell’art. 9 della Tariffa Parte I del D.P.R. n. 131/1986, ovvero di loro enunciazione nell’ambito di un atto soggetto a registrazione, come un verbale di assemblea straordinaria (Cass. n. 15585/2010);
fissa (Euro 168,00) soltanto in caso d’uso, a norma dell’art. 1 della Tariffa Parte II del Testo Unico dell’Imposta di Registro, qualora la concessione del finanziamento sia prevista da uno scambio di corrispondenza tra la s.r.l. ed il socio.
Qualora, successivamente, il socio dichiari espressamente di rinunciare al proprio credito a titolo di finanziamento, non emerge una sopravvenienza attiva imponibile in capo alla s.r.l., a norma dell’art. 88, co. 4, del D.P.R. n. 917/1986. Nel caso in cui il socio rivesta anche la qualità di amministratore della s.r.l., e la rinuncia riguardi il credito maturato per effetto dell’esercizio delle proprie funzioni di gestione (compenso e Tfm, soggetti al principio di cassa), si configura, tuttavia, la fattispecie del c.d. incasso giuridico, che determina l’imponibilità dello stesso (C.M. n. 73/E/1994, par. 3.20).
L’eventuale restituzione del finanziamento non costituisce, infine, una distribuzione di utili.

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