martedì 3 luglio 2012

Concordato preventivo, novità sui contratti pendenti alla data di deposito della domanda


di Michele BANA

La normativa del concordato preventivo non aveva sinora espressamente previsto, a differenza del fallimento (art. 72 e ss., del R.D. n. 267/1942), la condotta adottabile, a seguito dell’apertura della procedura, con riferimento ai rapporti giuridici preesistenti alla data di presentazione del ricorso, ne è a quella del decreto di ammissione di cui al successivo art. 163. Tale lacuna è stata colmata dall’art. 33, co. 1, lett. d), del D.L. n. 83/2012, che ha introdotto una specifica disposizione, l’art. 169-bis L.F., applicabile, però, soltanto ai procedimenti di concordato preventivo avviati dal 30° giorno successivo a quello di entrata in vigore della Legge di conversione. La nuova norma stabilisce, in particolare, che il debitore può richiedere, nell’ambito della domanda di accesso alla procedura, che il tribunale – oppure, dopo il decreto di ammissione, il giudice delegato – lo autorizzi allo scioglimento dei rapporti giuridici pendenti alla data di presentazione del ricorso per concordato preventivo: tale beneficio non esplica, tuttavia, i propri effetti nei confronti della clausola compromissoria eventualmente contenuta nell’atto preesistente. Analogamente, è riconosciuta all’imprenditore in stato di crisi la facoltà di depositare un’istanza per la sospensione del contratto, per un periodo non superiore a 60 giorni, comunque prorogabili, seppure per una sola volta. Al ricorrere di tali ipotesi, la controparte matura il diritto ad un indennizzo, equivalente al risarcimento del danno conseguente al mancato adempimento, privo, però, della qualifica di credito prededucibile di cui all’art. 111 e ss. L.F.: il corrispondente importo deve, infatti, essere soddisfatto come debito anteriore al concordato, a differenza di quanto previsto, per le medesime fattispecie, nell’ambito del fallimento. Si pensi, ad esempio, al caso recesso anticipato esercitato dal curatore, rispetto al contratto di locazione immobiliare stipulato dal debitore-locatore, avente una durata complessivamente superiore ai quattro anni dalla sentenza dichiarativa: in virtù di tale decisione, la procedura è tenuta a corrispondere un equo indennizzo al conduttore, a norma dell’art. 80, co. 2, del R.D. n. 267/1942. Analogamente, qualora a fallire sia, invece, il locatario, il recesso del curatore dello stesso comporta l’obbligo di erogazione al locatore di un equo indennizzo (co. 3), che sfugge, quindi, al concorso con i crediti anteriori al fallimento. In entrambi i casi, è, infatti, espressamente prevista l’inclusione di tale somma – definita di comune accordo tra le parti o, in mancanza, dal giudice delegato, sentiti gli interessati – nei crediti prededucibili di cui all’art. 111, co. 1, n. 1), L.F., con il privilegio dell’art. 2764 c.c., riservato al credito del locatore di immobili.
La conclusione alla quale è pervenuto il legislatore appare, inoltre, incoerente con la ratio dell’art. 111, co. 2, L.F., secondo cui sono considerati crediti prededucibili – oltre a quelli così qualificati da una disposizione normativa – “quelli sorti in occasione o in funzione delle procedure concorsuali di cui alla presente legge; tali crediti sono soddisfatti con preferenza ai sensi del primo comma n. 1)”. In altri termini, il D.L. n. 83/2012 ha introdotto una deroga al principio generale, fondato sull’attribuzione della prededucibilità ai crediti sorti nella fase precedente al deposito del ricorso al concordato preventivo: ciò comporta, pertanto, un’evidente ed ingiustificata penalizzazione in capo alla parte adempiente, che si è venuta a trovare in tale situazione per cause indipendenti dalla propria volontà, ovvero imputabili allo stato di crisi dell’altro contraente.
Si segnala, infine, che i predetti principi di scioglimento e sospensione di cui all’art. 169-bis L.F., tesi ad agevolare la soluzione della crisi d’impresa, non sono comunque sempre applicabili, essendone espressamente esclusa l’operatività nei seguenti casi:
·    rapporto di lavoro subordinato;
·  contratto preliminare di cessione, trascritto ai sensi dell’art. 2645-bis c.c., avente ad oggetto un immobile ad uso abitativo, destinato a costituire l’abitazione principale dell’acquirente o dei propri parenti ed affini entro il terzo grado (art. 72, co. 8, della Legge Fallimentare), qualora l’ammissione al concordato preventivo sia richiesta dal promittente venditore;
·    locazioni di immobili di proprietà del debitore (art. 80, co. 1, L.F.).

Nessun commento:

Posta un commento