di Michele BANA
La normativa del concordato preventivo non aveva
sinora espressamente previsto, a differenza del fallimento (art. 72 e ss., del
R.D. n. 267/1942), la condotta adottabile, a seguito dell’apertura della
procedura, con riferimento ai rapporti giuridici preesistenti alla data di
presentazione del ricorso, ne è a quella del decreto di ammissione di cui al
successivo art. 163. Tale lacuna è stata colmata dall’art. 33, co. 1, lett. d),
del D.L. n. 83/2012, che ha introdotto una specifica disposizione, l’art. 169-bis L.F., applicabile, però,
soltanto ai procedimenti di concordato preventivo avviati dal 30° giorno
successivo a quello di entrata in vigore della Legge di conversione. La nuova
norma stabilisce, in particolare, che il debitore può richiedere, nell’ambito
della domanda di accesso alla procedura, che il tribunale – oppure, dopo il
decreto di ammissione, il giudice delegato – lo autorizzi allo scioglimento dei rapporti giuridici
pendenti alla data di presentazione del ricorso per concordato preventivo:
tale beneficio non esplica, tuttavia, i propri effetti nei confronti della clausola compromissoria eventualmente
contenuta nell’atto preesistente. Analogamente, è riconosciuta all’imprenditore
in stato di crisi la facoltà di depositare un’istanza per la sospensione del contratto, per un
periodo non superiore a 60 giorni, comunque prorogabili, seppure per una sola
volta. Al ricorrere di tali ipotesi, la controparte matura il diritto ad un indennizzo, equivalente al risarcimento
del danno conseguente al mancato adempimento, privo, però, della qualifica di
credito prededucibile di cui all’art. 111 e ss. L.F.: il corrispondente importo
deve, infatti, essere soddisfatto come debito
anteriore al concordato, a differenza di quanto previsto, per le medesime
fattispecie, nell’ambito del fallimento.
Si pensi, ad esempio, al caso recesso anticipato esercitato dal curatore,
rispetto al contratto di locazione immobiliare stipulato dal debitore-locatore,
avente una durata complessivamente superiore ai quattro anni dalla sentenza
dichiarativa: in virtù di tale decisione, la procedura è tenuta a corrispondere
un equo indennizzo al conduttore, a norma dell’art. 80, co. 2, del R.D. n.
267/1942. Analogamente, qualora a fallire sia, invece, il locatario, il recesso
del curatore dello stesso comporta l’obbligo di erogazione al locatore di un
equo indennizzo (co. 3), che sfugge, quindi, al concorso con i crediti
anteriori al fallimento. In entrambi i casi, è, infatti, espressamente prevista
l’inclusione di tale somma – definita di comune accordo tra le parti o, in
mancanza, dal giudice delegato, sentiti gli interessati – nei crediti prededucibili di cui all’art.
111, co. 1, n. 1), L.F., con il privilegio dell’art. 2764 c.c., riservato al
credito del locatore di immobili.
La conclusione alla quale è pervenuto il legislatore
appare, inoltre, incoerente con la ratio dell’art. 111, co. 2, L.F., secondo cui sono
considerati crediti prededucibili – oltre a quelli così qualificati da una
disposizione normativa – “quelli sorti in
occasione o in funzione delle procedure concorsuali di cui alla presente legge;
tali crediti sono soddisfatti con preferenza ai sensi del primo comma n. 1)”.
In altri termini, il D.L. n. 83/2012 ha introdotto una deroga al principio generale, fondato sull’attribuzione della
prededucibilità ai crediti sorti nella fase precedente al deposito del ricorso
al concordato preventivo: ciò comporta, pertanto, un’evidente ed ingiustificata
penalizzazione in capo alla parte adempiente, che si è venuta a trovare in tale
situazione per cause indipendenti dalla propria volontà, ovvero imputabili allo
stato di crisi dell’altro contraente.
Si segnala, infine, che i predetti principi di
scioglimento e sospensione di cui all’art. 169-bis L.F., tesi ad agevolare la
soluzione della crisi d’impresa, non sono comunque sempre applicabili,
essendone espressamente esclusa
l’operatività nei seguenti casi:
· rapporto di lavoro
subordinato;
· contratto preliminare
di cessione, trascritto ai sensi dell’art. 2645-bis c.c., avente ad oggetto
un immobile ad uso abitativo,
destinato a costituire l’abitazione principale dell’acquirente o dei propri
parenti ed affini entro il terzo grado (art. 72, co. 8, della Legge
Fallimentare), qualora l’ammissione al concordato preventivo sia richiesta dal promittente venditore;
· locazioni
di immobili di proprietà del debitore (art. 80, co. 1, L.F.).
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