Gli effetti tributari del trasferimento temporaneo
dell’azienda sono rappresentati, principalmente, dalla rilevanza dei canoni di
affitto concordati tra le parti, e della deduzione delle quote di ammortamento
o di accantonamento al fondo di reintegrazione dei beni ricompresi nel
complesso affittato.
Il regime fiscale dei canoni dell’affitto d’azienda è determinato dalla natura del concedente, a seconda che si
tratti o meno dell’imprenditore individuale che loca l’unica azienda:
in caso affermativo, tale soggetto perde momentaneamente la qualifica di
soggetto commerciale, e la corrispondente partita Iva è sospesa (salvo
cessazione), con l’effetto che tali fitti sono esclusi dal campo di applicazione
dell’imposta sul valore aggiunto, rientrando, quindi, in quello dell’imposta di registro proporzionale, nella misura del 3% (C.M. n. 26/1985).
Ai fini Irpef, il canone percepito è qualificabile come reddito diverso, ai
sensi dell’art. 67, co. 1, lett. h), del D.P.R. n. 917/1986 e, quindi,
rilevante in base al principio di cassa: è soggetta ad imposizione la
differenza tra i canoni percepiti e le eventuali spese sostenute per la
produzione degli stessi (CTC n. 2489/2002), come le spese di manutenzione e
riparazione straordinaria ed ammodernamento (art. 71, co. 2, del Tuir).
Diversamente, non rientra nel capo di applicazione dell’Irap, per carenza del
requisito soggettivo, non essendo più un imprenditore. Specularmente, se l’affittuario – alla data del contratto
di concessione in godimento dell’azienda – non rivestiva già la qualifica di
imprenditore commerciale, la acquisisce per effetto di tale operazione: il
canone d’affitto diventa, quindi, un costo deducibile dal reddito d’impresa e
dalla base imponibile Irap (C.M. n.
148/E/2000).
Nel caso di successiva
cessione dell’unica azienda affittata dall’ex imprenditore individuale, la
plusvalenza è determinata a norma degli artt. 58 e 86 del D.P.R. n. 917/1986,
ma l’importo così ottenuto concorre a formare il reddito complessivo del
cedente, quale reddito diverso di cui all’art. 67, co. 1, lett. h), del
Tuir. Non è, tuttavia, applicabile
il regime di rateizzazione della plusvalenza di cui all’art. 86, co. 4, del
D.P.R. n. 917/1986. L’alienazione dell’unica azienda data in affitto può,
invece, beneficiare dell’istituto della tassazione separata, qualora
ricorrano le seguenti condizioni (art. 17, co. 1, lett. g), del Tuir):
·
l’azienda commerciale è posseduta da più di 5
anni;
· sia esercitata la relativa opzione, nella
dichiarazione dei redditi relativa al periodo d’imposta di realizzo della
plusvalenza.
Qualora l’affitto sia effettuato dall’imprenditore
individuale che loca un ramo dell’unica azienda, oppure una delle proprie
aziende, o da parte di società, i
canoni sono soggetti ad Iva ordinaria
del 21% e all’imposta di registro in misura fissa (euro 168), e concorrono
alla formazione del reddito d’impresa e della base imponibile Irap, come
componenti positivi.
Per quanto concerne, invece, la disciplina fiscale
delle quote di ammortamento o degli accantonamenti relativi al deperimento
dei beni, devono essere seguiti criteri differenti, a secondo del regime
civilistico adottato:
· ordinario, ovvero convenzionale (art. 2561, co. 4, c.c.), in virtù del quale l’affittuario
ha l’obbligo di conservare il valore dei beni facenti parte dell’azienda e di
liquidare in denaro, in favore del concedente, l’eventuale perdita di valore
corrente accusata dall’azienda al termine del rapporto (c.d. conguaglio). Conseguentemente, l’ammortamento
dei beni affittati, pur rimanendo iscritti nella contabilità del concedente,
non è effettuato da quest’ultimo: al contrario, l’affittuario opera degli accantonamenti
ad uno specifico fondo di ripristino, la cui entità corrisponde alle quote di
ammortamento individuate in base ai coefficienti riportati nel D.M. 31 dicembre 1988, deducibili a
norma degli artt. 102, co. 8, e 103, co. 4, del Tuir. Il corrispondente costo,
ancorchè qualificato come un accantonamento (voce B)13) del conto economico),
rileva anche ai fini Irap, mediante
un’apposita variazione in diminuzione,
come recentemente confermato dall’Agenzia delle Entrate, con la C.M. n. 26/E/2012;
· derogatorio,
previa indicazione in contratto, secondo cui l’affittuario non è tenuto a
conservare il valore dei beni aziendali, con conseguente esclusione dell’obbligo di corresponsione di conguagli tra le parti.
L’ammortamento dei beni affittati è, pertanto, effettuato dal concedente, che
deduce le relative quote secondo i criteri ordinari, mentre nessun
accantonamento è operato dall’affittuario.
Per quanto concerne, invece, il conguaglio finale, dovuto nel regime
convenzionale (e non in quello derogatorio), si segnala che, avendo natura
risarcitoria, non è soggetto ad Iva,
a differenza del canone, ai sensi dell’art. 2, co. 3, lett. a), del D.P.R. n.
633/1972.
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