mercoledì 24 ottobre 2012

Affitto d’azienda, fiscalità dei canoni differenziata

di Michele BANA

Gli effetti tributari del trasferimento temporaneo dell’azienda sono rappresentati, principalmente, dalla rilevanza dei canoni di affitto concordati tra le parti, e della deduzione delle quote di ammortamento o di accantonamento al fondo di reintegrazione dei beni ricompresi nel complesso affittato.
Il regime fiscale dei canoni dell’affitto d’azienda è determinato dalla natura del concedente, a seconda che si tratti o meno dell’imprenditore individuale che loca l’unica azienda: in caso affermativo, tale soggetto perde momentaneamente la qualifica di soggetto commerciale, e la corrispondente partita Iva è sospesa (salvo cessazione), con l’effetto che tali fitti sono esclusi dal campo di applicazione dell’imposta sul valore aggiunto, rientrando, quindi, in quello dell’imposta di registro proporzionale, nella misura del 3% (C.M. n. 26/1985). Ai fini Irpef, il canone percepito è qualificabile come reddito diverso, ai sensi dell’art. 67, co. 1, lett. h), del D.P.R. n. 917/1986 e, quindi, rilevante in base al principio di cassa: è soggetta ad imposizione la differenza tra i canoni percepiti e le eventuali spese sostenute per la produzione degli stessi (CTC n. 2489/2002), come le spese di manutenzione e riparazione straordinaria ed ammodernamento (art. 71, co. 2, del Tuir). Diversamente, non rientra nel capo di applicazione dell’Irap, per carenza del requisito soggettivo, non essendo più un imprenditore. Specularmente, se l’affittuario – alla data del contratto di concessione in godimento dell’azienda – non rivestiva già la qualifica di imprenditore commerciale, la acquisisce per effetto di tale operazione: il canone d’affitto diventa, quindi, un costo deducibile dal reddito d’impresa e dalla base imponibile Irap (C.M. n. 148/E/2000).
Nel caso di successiva cessione dell’unica azienda affittata dall’ex imprenditore individuale, la plusvalenza è determinata a norma degli artt. 58 e 86 del D.P.R. n. 917/1986, ma l’importo così ottenuto concorre a formare il reddito complessivo del cedente, quale reddito diverso di cui all’art. 67, co. 1, lett. h), del Tuir.  Non è, tuttavia, applicabile il regime di rateizzazione della plusvalenza di cui all’art. 86, co. 4, del D.P.R. n. 917/1986. L’alienazione dell’unica azienda data in affitto può, invece, beneficiare dell’istituto della tassazione separata, qualora ricorrano le seguenti condizioni (art. 17, co. 1, lett. g), del Tuir):
·      l’azienda commerciale è posseduta da più di 5 anni;
·     sia esercitata la relativa opzione, nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo d’imposta di realizzo della plusvalenza.
Qualora l’affitto sia effettuato dall’imprenditore individuale che loca un ramo dell’unica azienda, oppure una delle proprie aziende, o da parte di società, i canoni sono soggetti ad Iva ordinaria del 21% e all’imposta di registro in misura fissa (euro 168), e concorrono alla formazione del reddito d’impresa e della base imponibile Irap, come componenti positivi.
Per quanto concerne, invece, la disciplina fiscale delle quote di ammortamento o degli accantonamenti relativi al deperimento dei beni, devono essere seguiti criteri differenti, a secondo del regime civilistico adottato:
·  ordinario, ovvero convenzionale (art. 2561, co. 4, c.c.), in virtù del quale l’affittuario ha l’obbligo di conservare il valore dei beni facenti parte dell’azienda e di liquidare in denaro, in favore del concedente, l’eventuale perdita di valore corrente accusata dall’azienda al termine del rapporto (c.d. conguaglio). Conseguentemente, l’ammortamento dei beni affittati, pur rimanendo iscritti nella contabilità del concedente, non è effettuato da quest’ultimo: al contrario, l’affittuario opera degli accantonamenti ad uno specifico fondo di ripristino, la cui entità corrisponde alle quote di ammortamento individuate in base ai coefficienti riportati nel D.M. 31 dicembre 1988, deducibili a norma degli artt. 102, co. 8, e 103, co. 4, del Tuir. Il corrispondente costo, ancorchè qualificato come un accantonamento (voce B)13) del conto economico), rileva anche ai fini Irap, mediante un’apposita variazione in diminuzione, come recentemente confermato dall’Agenzia delle Entrate, con la C.M. n. 26/E/2012;
·   derogatorio, previa indicazione in contratto, secondo cui l’affittuario non è tenuto a conservare il valore dei beni aziendali, con conseguente esclusione dell’obbligo di corresponsione di conguagli tra le parti. L’ammortamento dei beni affittati è, pertanto, effettuato dal concedente, che deduce le relative quote secondo i criteri ordinari, mentre nessun accantonamento è operato dall’affittuario.
Per quanto concerne, invece, il conguaglio finale, dovuto nel regime convenzionale (e non in quello derogatorio), si segnala che, avendo natura risarcitoria, non è soggetto ad Iva, a differenza del canone, ai sensi dell’art. 2, co. 3, lett. a), del D.P.R. n. 633/1972.

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