di Michele BANA
Nel commento di ieri, è stato affrontato il caso
particolare della concessione in appalto della costruzione di alcuni immobili,
il cui corrispettivo era stato completamente erogato già al momento della
stipulazione dell’atto notarile – e, quindi, prima di iniziare i lavori – in
parte mediante cessione di terreni: in tale sede, si era giunti alla
conclusione che, ai fini contabili, tale operazione fosse suscettibile di
generare un mero anticipo,
coerentemente con la ratio del
principio nazionale Oic 23. La soluzione in parola pare, peraltro, trovare
conferma anche in ambito tributario, come desumibile da alcuni documenti dell’Amministrazione Finanziaria:
· l’esecuzione di opere e servizi derivanti da contratti
di appalto e simili, aventi durata pluriennale, genera “ricavi, per le opere o le
parti di esse realizzate e consegnate al committente, o per le forniture
eseguite o i servizi resi che configurino prestazioni ultimate e, comunque, allorché i corrispettivi siano stati
liquidati in via definitiva dal committente stesso” (C.M. n. 36/1982);
· l’accertamento della soddisfazione della condizione di
“liquidazione definitiva dei corrispettivo”, al cui verificarsi è subordinato –
a norma dell’art. 93, co. 4, del D.P.R.
n. 917/1986 – il riconoscimento fiscale del ricavo, “non può prescindere dalla
avvenuta produzione degli effetti giuridici dell’accettazione relativi al passaggio della proprietà o del
rischio” (R.M. n. 75/E/2003). In altre parole, in presenza di una
liquidazione provvisoria del corrispettivo, quanto corrisposto dal committente
non rappresenta un ricavo per il prestatore, ma soltanto un debito nei
confronti del soggetto erogante: il componente positivo rileverà, in
contropartita del predetto debito, soltanto
nel periodo d’imposta in cui sarà intervenuta l’accettazione definitiva;
· il margine complessivo della commessa viene
riconosciuto, e ripartito, nei vari esercizi in cui si esplica l’attività
produttiva, in funzione del proprio avanzamento, assicurando la corretta correlazione tra costi e ricavi di
competenza, indipendentemente dall’ammontare degli acconti ricevuti dal
prestatore (R.M. n. 342/E/2002);
· i
pagamenti eseguiti dal committente a titolo di acconto non concorrono in alcun
modo alla formazione del risultato economico dell’esercizio, in quanto rappresentano operazioni finanziarie che
determinano semplici rapporti di credito e debito tra le due parti contraenti
(R.M. n. 260/E/2009);
· l’erogazione di anticipazioni finanziarie al momento
della stipulazione del contratto e, quindi, in assenza di una parte di opera
già realizzata, è caratterizzata dalla mancanza
dell’elemento essenziale che contraddistingue il pagamento effettuato a
titolo di corrispettivo, ovvero l’accettazione del committente, a seguito della
verifica dell’opera compiuta o di una sua parte (R.M. n. 259/E/2002).
Il suddetto orientamento trova, inoltre, conferma anche in alcuni principi,
ormai consolidati, della giurisprudenza di legittimità, secondo cui – ai fini
dell’individuazione del momento di imputazione dei ricavi, da parte del
prestatore – “l’appalto può considerarsi
ultimato solo a partire dal giorno in cui è intervenuta (o si considera
intervenuta) l’accettazione del committente, perché è quello il momento in cui
si perfeziona il diritto dell’appaltatore al corrispettivo, a norma del citato
art. 1655 c.c.” (Cass. n. 2928/1996): in tale sede, è stato altresì
ribadito che la normativa fiscale esclude
la possibile applicazione dell’alternativo criterio d’imputazione per cassa,
ovvero “in ragione del momento in cui è pervenuto nelle casse dell’impresa il
numerario corrispondente al ricavo”. In altri termini, è l’accettazione da
parte del committente che permette di qualificare il pagamento effettuato da
costui, o per proprio conto, come idoneo ad adempiere l’obbligazione principale
a suo carico, così come individuata dalla nozione civilistica di contratto di
appalto: l’assolvimento di tale incombente costituisce, infatti, il
corrispettivo di una prestazione di servizi ultimata, sancita dalla verifica
dell’opera e dalla propria accettazione e, quindi, dal prodursi dei predetti
effetti giuridici.
I medesimi principi sono, inoltre, desumibili dal documento del Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli
Esperti Contabili n. 21/IR/2010 (“Opere
ultrannuali. Adempimento del contratto, trattamento contabile e implicazioni
fiscali”):
· i ricavi da
imputare a conto economico sono rappresentati esclusivamente dai
corrispettivi realizzati, la cui liquidazione ha assunto carattere definitivo
in ragione della chiusura di una frazione individuata dell’opera, a cui ha
fatto seguito l’accettazione del cliente. Conseguentemente, devono essere
inclusi nella valutazione delle rimanenze i corrispettivi soltanto maturati
alla data del bilancio – e, quindi, al netto della quota iscritta tra i ricavi
– in relazione all’attività eseguita, in ossequio ai principi di competenza e correlazione dei costi con i ricavi
dell’esercizio: in altri termini, deve essere rispettata l’associazione di
causa ed effetto tra tali componenti reddituali, la ripartizione dell’utilità o
della funzionalità pluriennale su base razionale e sistematica e l’imputazione
diretta di costi al conto economico del periodo amministrativo (principio
contabile nazionale Oic 11);
· i corrispettivi rilevanti ai fini della valutazione
della commessa non corrispondono agli anticipi,
in quanto questi ultimi – a differenza dei primi, erogati per prestazioni già
eseguite – sono versati dal committente per lavori ancora da eseguire,
determinanti soltanto rapporti di debito/credito tra le parti contraenti.
La fattispecie in commento potrebbe, tuttavia, presentare un rischio
latente di riqualificazione tributaria dell’operazione, da “contratto di
appalto e cessione in pagamento” a “permuta”,
in virtù dell’assegnazione, a saldo di gran parte del corrispettivo della
commessa, di un terreno diverso da quello sul quale sono costruite le
abitazioni oggetto del contratto di appalto. Sul punto, la giurisprudenza di
legittimità è, infatti, dell’avviso che – nelle circostanze come quella in
esame, ovvero di cessione di un bene esistente (il terreno edificabile) in
cambio di una cosa futura (immobili da costruire) – è escluso che si tratti di
una permuta, configurando, invece, un contratto
misto vendita-appalto soltanto se la costruzione degli edifici rappresenta
l’oggetto principale della comune volontà delle parti, risultando la cessione
dell’area strettamente funzionale alla costruzione dell’edificio (Cass. n.
28479/2005, n. 8630/1995 e n. 811/1992). Diversamente, se ricorre l’ipotesi
della permuta – anche qualora sia previsto un conguaglio in denaro, come
precisato nelle note alla Cass. n. 3985/2000 – l’Amministrazione Finanziaria ha comunque riconosciuto il
diritto del venditore di contabilizzare i ricavi derivanti dalla cessione alla
data in cui si verifica l’effetto traslativo della proprietà, a prescindere dal
momento dell’incasso di anticipi od acconti, e rinviare al conto rimanenze
finali tutti i costi sostenuti sino a quel momento (R.M. n. 176/E/1998).
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