giovedì 4 ottobre 2012

Costruzione in appalto e pagamento anticipato con cessione: effetti fiscali


di Michele BANA

Nel commento di ieri, è stato affrontato il caso particolare della concessione in appalto della costruzione di alcuni immobili, il cui corrispettivo era stato completamente erogato già al momento della stipulazione dell’atto notarile – e, quindi, prima di iniziare i lavori – in parte mediante cessione di terreni: in tale sede, si era giunti alla conclusione che, ai fini contabili, tale operazione fosse suscettibile di generare un mero anticipo, coerentemente con la ratio del principio nazionale Oic 23. La soluzione in parola pare, peraltro, trovare conferma anche in ambito tributario, come desumibile da alcuni documenti dell’Amministrazione Finanziaria:
·    l’esecuzione di opere e servizi derivanti da contratti di appalto e simili, aventi durata pluriennale, genera ricavi, per le opere o le parti di esse realizzate e consegnate al committente, o per le forniture eseguite o i servizi resi che configurino prestazioni ultimate e, comunque, allorché i corrispettivi siano stati liquidati in via definitiva dal committente stesso(C.M. n. 36/1982);
·    l’accertamento della soddisfazione della condizione di “liquidazione definitiva dei corrispettivo”, al cui verificarsi è subordinato – a norma dell’art. 93, co. 4, del D.P.R. n. 917/1986 – il riconoscimento fiscale del ricavo, “non può prescindere dalla avvenuta produzione degli effetti giuridici dell’accettazione relativi al passaggio della proprietà o del rischio” (R.M. n. 75/E/2003). In altre parole, in presenza di una liquidazione provvisoria del corrispettivo, quanto corrisposto dal committente non rappresenta un ricavo per il prestatore, ma soltanto un debito nei confronti del soggetto erogante: il componente positivo rileverà, in contropartita del predetto debito, soltanto nel periodo d’imposta in cui sarà intervenuta l’accettazione definitiva;
·    il margine complessivo della commessa viene riconosciuto, e ripartito, nei vari esercizi in cui si esplica l’attività produttiva, in funzione del proprio avanzamento, assicurando la corretta correlazione tra costi e ricavi di competenza, indipendentemente dall’ammontare degli acconti ricevuti dal prestatore (R.M. n. 342/E/2002);
·    i pagamenti eseguiti dal committente a titolo di acconto non concorrono in alcun modo alla formazione del risultato economico dell’esercizio, in quanto rappresentano operazioni finanziarie che determinano semplici rapporti di credito e debito tra le due parti contraenti (R.M. n. 260/E/2009);
·    l’erogazione di anticipazioni finanziarie al momento della stipulazione del contratto e, quindi, in assenza di una parte di opera già realizzata, è caratterizzata dalla mancanza dell’elemento essenziale che contraddistingue il pagamento effettuato a titolo di corrispettivo, ovvero l’accettazione del committente, a seguito della verifica dell’opera compiuta o di una sua parte (R.M. n. 259/E/2002).
Il suddetto orientamento trova, inoltre, conferma anche in alcuni principi, ormai consolidati, della giurisprudenza di legittimità, secondo cui – ai fini dell’individuazione del momento di imputazione dei ricavi, da parte del prestatore – “l’appalto può considerarsi ultimato solo a partire dal giorno in cui è intervenuta (o si considera intervenuta) l’accettazione del committente, perché è quello il momento in cui si perfeziona il diritto dell’appaltatore al corrispettivo, a norma del citato art. 1655 c.c.” (Cass. n. 2928/1996): in tale sede, è stato altresì ribadito che la normativa fiscale esclude la possibile applicazione dell’alternativo criterio d’imputazione per cassa, ovvero “in ragione del momento in cui è pervenuto nelle casse dell’impresa il numerario corrispondente al ricavo”. In altri termini, è l’accettazione da parte del committente che permette di qualificare il pagamento effettuato da costui, o per proprio conto, come idoneo ad adempiere l’obbligazione principale a suo carico, così come individuata dalla nozione civilistica di contratto di appalto: l’assolvimento di tale incombente costituisce, infatti, il corrispettivo di una prestazione di servizi ultimata, sancita dalla verifica dell’opera e dalla propria accettazione e, quindi, dal prodursi dei predetti effetti giuridici.
I medesimi principi sono, inoltre, desumibili dal documento del Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili n. 21/IR/2010 (“Opere ultrannuali. Adempimento del contratto, trattamento contabile e implicazioni fiscali”):
·    i ricavi da imputare a conto economico sono rappresentati esclusivamente dai corrispettivi realizzati, la cui liquidazione ha assunto carattere definitivo in ragione della chiusura di una frazione individuata dell’opera, a cui ha fatto seguito l’accettazione del cliente. Conseguentemente, devono essere inclusi nella valutazione delle rimanenze i corrispettivi soltanto maturati alla data del bilancio – e, quindi, al netto della quota iscritta tra i ricavi – in relazione all’attività eseguita, in ossequio ai principi di competenza e correlazione dei costi con i ricavi dell’esercizio: in altri termini, deve essere rispettata l’associazione di causa ed effetto tra tali componenti reddituali, la ripartizione dell’utilità o della funzionalità pluriennale su base razionale e sistematica e l’imputazione diretta di costi al conto economico del periodo amministrativo (principio contabile nazionale Oic 11);
·    i corrispettivi rilevanti ai fini della valutazione della commessa non corrispondono agli anticipi, in quanto questi ultimi – a differenza dei primi, erogati per prestazioni già eseguite – sono versati dal committente per lavori ancora da eseguire, determinanti soltanto rapporti di debito/credito tra le parti contraenti.
La fattispecie in commento potrebbe, tuttavia, presentare un rischio latente di riqualificazione tributaria dell’operazione, da “contratto di appalto e cessione in pagamento” a “permuta”, in virtù dell’assegnazione, a saldo di gran parte del corrispettivo della commessa, di un terreno diverso da quello sul quale sono costruite le abitazioni oggetto del contratto di appalto. Sul punto, la giurisprudenza di legittimità è, infatti, dell’avviso che – nelle circostanze come quella in esame, ovvero di cessione di un bene esistente (il terreno edificabile) in cambio di una cosa futura (immobili da costruire) – è escluso che si tratti di una permuta, configurando, invece, un contratto misto vendita-appalto soltanto se la costruzione degli edifici rappresenta l’oggetto principale della comune volontà delle parti, risultando la cessione dell’area strettamente funzionale alla costruzione dell’edificio (Cass. n. 28479/2005, n. 8630/1995 e n. 811/1992). Diversamente, se ricorre l’ipotesi della permuta – anche qualora sia previsto un conguaglio in denaro, come precisato nelle note alla Cass. n. 3985/2000 –  l’Amministrazione Finanziaria ha comunque riconosciuto il diritto del venditore di contabilizzare i ricavi derivanti dalla cessione alla data in cui si verifica l’effetto traslativo della proprietà, a prescindere dal momento dell’incasso di anticipi od acconti, e rinviare al conto rimanenze finali tutti i costi sostenuti sino a quel momento (R.M. n. 176/E/1998).

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