di
Michele BANA
L’affitto d’azienda, operazione disciplinata dal
combinato disposto di cui agli artt.
2562 e 2561 c.c., comporta il temporaneo trasferimento, a titolo oneroso,
di un complesso di beni e diritti organizzati per l’esercizio dell’impresa.
Può, quindi, trattarsi dell’intera azienda, o di un ramo della stessa, purchè
rappresenti un insieme di beni organizzati avente l’attitudine a conseguire gli
obiettivi per i quali è preposta tale aggregazione: la circostanza in parola
ricorre, pertanto, anche nel caso di azienda
di nuova formazione non ancora effettivamente entrata in funzione, oppure
la cui gestione risulti temporaneamente
sospesa.
In virtù del predetto trasferimento, l’affittuario è tenuto ad assolvere
alcuni adempimenti:
·
conservare la destinazione economica del complesso
aziendale, l’efficienza della
struttura organizzativa e degli impianti;
·
corrispondere al concedente il canone di locazione, secondo le
scadenze e modalità prestabilite;
·
restituire l’azienda affittata al termine del
contratto, salvo l’esercizio dell’eventuale diritto di prelazione ad esso accordato per l’acquisto del
complesso condotto in godimento.
Il contratto di affitto d’azienda è soggetto alla
medesima disciplina prevista per la cessione, individuata dall’art. 2556 c.c.:
deve, dunque, essere redatto in forma
scritta, in quanto richiesta per la prova ed ai fini dell’opponibilità nei
confronti dei terzi. Tale atto deve essere trasmesso, a cura del notaio rogante
od autenticante, all’Agenzia delle Entrate (entro 20 giorni) e al Registro
delle imprese (non oltre 30 giorni).
Trovano, inoltre, applicazione altre disposizioni
civilistiche riguardanti la cessione d’azienda: in primo luogo, l’art. 2557
c.c., per effetto del quale il concedente è tenuto ad astenersi – per tutta la durata del contratto di affitto d’azienda
– dall’avviare una nuova impresa idonea a sviare la cliente del complesso
affittato, salvo che le parti vi abbiano espressamente derogato nel contratto di
affitto d’azienda. Qualora il concedente sia una società di persone, il divieto di concorrenza opera anche nei
confronti dei soci illimitatamente
responsabili: riguardando esclusivamente il caso di “nuova attività”, non
può, tuttavia, esplicare i propri effetti qualora il concedente prosegua
l’esercizio di un’impresa preesistente all’affitto del ramo d’azienda, oppure
quando l’azienda affittata non sia ancora stata esercitata, purchè ciò non si
traduca di fatto in un’elusione del divieto (Cass. n. 2112/1984).
Analogamente, per i contratti opera la medesima disciplina
stabilita per la cessione d’azienda, contenuta nell’art. 2558 c.c.: i
rapporti giuridici – ad eccezione di quelli aventi carattere personale
(appalto, mandato o prestazione d’opera intellettuale, ma non agenzia), e di quelli
espressamente esclusi dalla parti – si trasferiscono, quindi, all’affittuario, senza richiedere il consenso del terzo
contraente. Costui può, tuttavia, recedere
dal contratto, entro 3 mesi dalla notizia del trasferimento, se sussiste una giusta causa, come, ad
esempio, la carente affidabilità morale o patrimoniale del cessionario: al
ricorrere di tale ipotesi, il concedente è responsabile, nei confronti del
terzo contraente, per l’eventuale risarcimento del danno.
Nel caso delle locazioni commerciali immobiliari, trova applicazione l’art. 36
della Legge n. 392/1978, secondo cui il conduttore può sublocare il fabbricato
o cedere il contratto anche senza il consenso del locatore, purchè venga ceduta
o locata l’azienda, e ne sia data
comunicazione al concedente, mediante lettera raccomandata con avviso di
ricevimento. Quest’ultimo adempimento è indispensabile, in quanto consente al
locatore di esercitare, in presenza di gravi motivi (ad esempio, lo svolgimento
di attività illecite), il proprio diritto di opposizione alla sublocazione o
cessione contrattuale, da manifestare entro 30 giorni dal ricevimento della
comunicazione.
Non operano, invece, le disposizioni in materia di
crediti e debiti dell’azienda ceduta,
in quanto gli artt. 2559 e 2560 c.c. non richiamano espressamente l’ipotesi del
contratto di affitto, a differenza delle precedenti norme in materia di divieto
di concorrenza e successione nei contratti (artt. 2557 e 2558 c.c.).
Per quanto concerne, infine, i rapporti di lavoro pendenti alla data
dell’affitto, trova applicazione l’art. 2112 c.c., per effetto del quale
l’affittuario subentra nei contratti stipulati dal concedente. Il dipendente
conserva i diritti maturati presso il concedente, in quanto il trasferimento d’azienda
non costituisce, di per sé, motivo di licenziamento: al contrario, è
riconosciuto al lavoratore l’esercizio del diritto
di recesso, per giusta causa, qualora le
condizioni di lavoro siano mutate sostanzialmente nel corso dei primi 3
mesi di affitto d’azienda (art. 2219, co. 1, c.c.).
Il concedente e l’affittuario sono obbligati, in solido, per tutti i crediti vantati dal lavoratore al momento
del trasferimento, ad eccezione di quelli derivanti da rapporti già estinti alla data di stipulazione
del contratto d’affitto d’azienda, per i quali è responsabile il solo
concedente.
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