domenica 14 ottobre 2012

Soggetti sovraindebitati non fallibili, novità sulla composizione della crisi


di Michele BANA

Il procedimento per la composizione della crisi da sovraindebitamento, contemplato dalla Legge n. 3/2012, ha sinora riscontrato una scarsa applicazione, come desumibile da un monitoraggio statistico svolto, a campione, su alcuni tra i tribunali di maggiori dimensioni (nessun caso a Milano, Torino e Bari, uno solo a Roma e Firenze). Tale circostanza ha indotto il legislatore ad apportare alcuni correttivi alla disciplina di riferimento, sinora rilevatasi incapace di offrire una risposta efficiente per la soluzione della crisi del debitore civile e delle esposizioni delle imprese non fallibili, che connotano significativamente il tessuto economico nazionale. In particolare, l’art. 18 del Decreto Sviluppo-bis, in corso di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica, cerca di aumentare l’efficacia e la capacità operativa del procedimento per la composizione della crisi da sovraindebitamento dei soggetti che non possono essere sottoposti alle vigenti procedure concorsuali.
L’intervento normativo interessa l’originario impianto dell’istituto, riscrivendo, in primo luogo, l’art. 7, co. 1, della Legge n. 3/2012, per effetto del quale:
·    il debitore in stato di sovraindebitamento o il consumatore può proporre ai creditori, con l’ausilio degli organismi di composizione della crisi (art. 15 della Legge n. 3/2012) con sede nel circondario del tribunale competente, un accordo di ristrutturazione dei debiti e di soddisfazione dei crediti sulla base di un piano, che – assicurato il regolare pagamento dei titolari dei crediti impignorabili di cui all’art. 545, c.p.c. ed alle altre disposizioni speciali in materia – preveda le scadenze e modalità di pagamento dei creditori, anche suddivisi in classi, le garanzie rilasciate per l’adempimento dei debiti e i criteri per l’eventuale liquidazione dei beni;
·     analogamente agli istituti del concordato preventivo e della transazione fiscale dei soggetti fallibili (artt. 160 e 182-ter del R.D. n. 267/1942), è contemplata la possibilità di proporre un pagamento parziale dei creditori privilegiati – ad eccezione di quelli costituenti risorse proprie dell’Unione Europea, o riferibili all’Iva ed alle ritenute effettuate e non versate, esclusivamente dilazionabili – purchè in misura non inferiore a quella realizzabile, in ragione della collocazione preferenziale sul ricavato in caso di liquidazione, sulla base del valore di mercato dei beni o diritti sui quali insiste la prelazione, come attestato dall’organismo di composizione della crisi;
·  il piano può prevedere l’affidamento del patrimonio del debitore ad un gestore per la liquidazione, custodia e distribuzione del ricavato, da individuarsi tra i professionisti in possesso dei requisiti per la nomina a curatore fallimentare (art. 28 L.F.).
Il Decreto Sviluppo-bis ha, inoltre, sostituito l’art. 7, co. 2, della Legge n. 3/2012, secondo cui la domanda è inammissibile quando il debitore, anche consumatore:
·    è soggetto ad altre procedure concorsuali;
·  ha già fatto ricorso, nei precedenti 5 anni, ai procedimenti di composizione della crisi da sovraindebitamento e di liquidazione del patrimonio;
·     ha subito, per cause a lui imputabili, un provvedimento di annullamento e risoluzione dell’accordo, revoca e cessazione del piano del consumatore, omologati;
·   ha fornito documentazione che non consente di ricostruire, compiutamente, la propria situazione economica e patrimoniale.
Nel successivo art. 8, è stato, invece, inserito il riferimento al “piano del consumatore”, ammettendo che la proposta di accordo con prosecuzione dell’attività dell’impresa e il piano del consumatore possono prevedere una moratoria, sino ad un anno dall’omologazione, per il pagamento dei creditori muniti di privilegio, pegno od ipoteca, salvo che sia prevista la liquidazione dei beni o diritti sui quali insiste la causa di prelazione.
La domanda di accesso al procedimento deve essere presentata presso il tribunale competente in base alla residenza del debitore o consumatore, e – contestualmente, o comunque non oltre 3 giorni, a cura dell’organismo di composizione della crisi – l’agente della riscossione e gli uffici fiscali, anche presso gli enti locali, in base all’ultimo domicilio tributario del ricorrente. La proposta deve contenere la ricostruzione della posizione fiscale del debitore/consumatore, indicando altresì eventuali contenziosi pendenti.
Nel caso del piano del consumatore, alla domanda deve essere allegata anche una relazione particolareggiata del predetto organismo, esponente le seguenti informazioni:
·  cause dell’indebitamento, e diligenza impiegata dal consumatore nell’assolvere volontariamente le obbligazioni;
·    ragioni dell’incapacità del debitore di adempiere regolarmente le proprie obbligazioni;
·    resoconto della solvibilità del consumatore negli ultimi 5 anni;
·    eventuale esistenza di atti del debitore impugnati dai creditori;
·   giudizio di completezza ed attendibilità della documentazione depositata dal consumatore a corredo della proposta, e probabile convenienza del piano rispetto all’alternativa liquidatoria.
La necessità di tale documentazione aggiuntiva, rispetto all’accordo, è rappresentata dal fatto che il piano del consumatore non è soggetto, ai fini dell’omologazione, all’approvazione dei creditori, ma soltanto alla valutazione, da parte del tribunale della meritevolezza del debitore e della convenienza della proposta.
Il Decreto Sviluppo-bis ha altresì sostituito integralmente il co. 2 dell’art. 10, della Legge n. 3/2012, al fine di disciplinare puntualmente le conseguenze della presentazione della domanda. In particolare, è stabilito che con il decreto di fissazione dell’udienza di cui al co. 1, il giudice assume alcuni specifici provvedimenti:
·  ordina, qualora il piano preveda la cessione o l’affidamento a terzi di beni immobili o mobili registrati, la trascrizione del decreto presso gli uffici competenti, a cura dell’organismo di composizione della crisi;
·     dispone, sino al momento di definitività del provvedimento di omologazione (e non più “non oltre 120 giorni”), il divieto per i creditori di titolo o causa anteriore – ad eccezione di quelli muniti di un diritto impignorabile – di avviare o proseguire, a pena di nullità, azioni esecutive individuali sul patrimonio del debitore. Nel medesimo periodo, decorrente dalla pubblicazione del decreto, sono inefficaci rispetto ai creditori anteriori gli atti di straordinaria amministrazione compiuti dal debitore senza l’autorizzazione del giudice.
Altre novità hanno, invece, riguardato la formazione dell’accordo con i creditori, l’omologazione dello stesso e la conseguente esecuzione, che formeranno oggetto di un successivo commento.

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