di Sandro CERATO
Nell’ambito delle società a responsabilità limitata, la ormai “vecchia” riforma del diritto societario ha introdotto numerose novità anche in tema di trasferimento delle partecipazioni sociali, con particolare riguardo alla possibilità di prevedere clausole limitative alla circolazione delle stesse. Infatti, oltre alle “tradizionali” clausole di prelazione, le quali tuttavia non impediscono la circolazione delle partecipazioni, bensì attribuiscono una precedenza ai soci già esistenti, è possibile inserire clausole che gradualmente limitano la possibilità ai soci di alienare le quote.
In tale ambito, uno degli aspetti innovativi, e che meritano una particolare attenzione anche per le relative conseguenze, riguarda la definitiva legittimazione, in materia di trasferibilità delle partecipazioni, delle clausole di gradimento. Sono tali quelle attraverso cui si subordina l’efficacia del trasferimento delle quote al gradimento, mero o sottoposto ad alcune condizioni, che un determinato soggetto deve esprimere. Tale soggetto può essere un organo sociale (consiglio di amministrazione, assemblea, ecc.), un singolo socio (normalmente quello di maggioranza), ovvero un soggetto esterno (ad esempio un istituto di credito).
Nel dettaglio, è possibile individuare le seguenti tipologie di gradimento:
· “condizionato”, laddove il trasferimento è subordinato al gradimento, che deve comunque essere motivato sulla base della sussistenza di alcuni requisiti da parte dell’acquirente;
· “mero”, secondo cui l’organo deputato a rilasciare il placet non deve in alcun modo motivare l’eventuale rifiuto al trasferimento della quota.
Mentre per quanto riguarda la prima delle suddette categorie, nessuna questione si è mai posta in merito alla loro legittimità, per quelle di “mero gradimento” l’art. 22, Legge 4.6.1985, n. 281, in materia di società per azioni, ha sancito l’inefficacia delle clausole degli atti costitutivi che subordinano al mero gradimento degli organi sociali gli effetti del trasferimento delle azioni. La motivazione sottostante a tale disposizione normativa risiede nella preoccupazione che tali clausole possano creare un danno ai soci estranei al gruppo di maggioranza, i quali di fatto restano impossibilitati ad uscire dalla società. Nonostante negli anni passati il dibattito dottrinale in materia fosse molto fervente, soprattutto sulla possibilità di applicazione del divieto posto dalla Legge n. 281/1985 anche alle società a responsabilità limitata, la giurisprudenza dominante ha continuato ad ammettere le clausole di gradimento negli statuti di tali società.
A seguito della riforma del diritto societario, il novellato art. 2469 c.c., nel ribadire la libera circolazione delle quote sia per atto tra vivi che ”mortis causa”, consente di inserire nello statuto apposite clausole di limitazione al trasferimento, anche di carattere assoluto. Rispetto al passato, tuttavia, sono cambiate le conseguenze che derivano dall’inserimento di clausole che limitano o impediscono la circolazione delle quote, poiché è sancito dal co. 2 del citato art. 2469 che “qualora l’atto costitutivo o lo statuto prevede l’intrasferibilità delle partecipazioni o ne subordini il trasferimento al gradimento di organi sociali, di soci o di terzi senza prevederne condizioni e limiti, o ponga condizioni o limiti che nel concreto impediscono il trasferimento a causa di morte, il socio o i suoi eredi possono esercitare il diritto di recesso ai sensi dell’art. 2473”.
Sul punto, si osserva che il diritto di recesso spetta in qualsiasi momento, in quanto previsto dalla legge stessa, per il semplice fatto dell’inserimento nello statuto del suddetto limite alla circolazione, e può essere esercitato prima ancora che intervenga l’eventuale diniego da parte del soggetto deputato a concedere il placet. L’unica possibilità di limitazione del predetto diritto è prevista nel secondo periodo dell’art. 2469, co. 2, secondo cui “l’atto costitutivo può stabilire un termine, non superiore a due anni dalla costituzione della società o dalla sottoscrizione della partecipazione, prima del quale il diritto di recesso non può essere esercitato”. Al contrario, il diritto di recesso non spetta in presenza di clausole di gradimento cd. “alla francese”, in cui il rifiuto all’alienazione della quota deve essere accompagnato dall’indicazione di un terzo disponibile ad acquistare entro un termine prestabilito a parità di prezzo e condizioni.
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